Aveva suscitato molto clamore una recente
ordinanza della
Corte di Cassazione (la n. 24160 del 2019) con la quale era stato affermato che la validità della
notifica via PEC è condizionata dall’aver estratto l’indirizzo del destinatario dal registro pubblico “ReGIndE” e non da quello denominato “INI-PEC”.
Come noto, l’art. 16 sexies del D.L. 179 del 2012 ha introdotto la nozione di “
domicilio digitale”, che è collegato ad un indirizzo di PEC o un indirizzo di recapito certificato, grazie al quale le pubbliche amministrazioni e gli esercenti di pubblica utilità potranno comunicare a filo diretto con il cittadino.
In virtù di tale normativa, si considera valida la
notificazione inviata presso l’
indirizzo PEC che risulta dall’
albo professionale. Tale recapito, infatti, corrisponde a quello inserito nel pubblico elenco di cui all’art.
6 bis del D. lgs. n. 82 del 2005. Ai sensi di tale ultima disposizione, infatti, l’ordine professionale è tenuto ad inserire l’indirizzo PEC comunicato dall’avvocato sia nei registri
INIPEC, sia nel
ReGInde.
Sulla scorta di tali osservazioni, la Sesta Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 29749 del 15 novembre 2019, ha disposto d’ufficio la correzione dell’ordinanza n. 24160 del 2019 per
errore materiale.
L’affermazione contenuta nell’ordinanza n. 24160 del 2019, che aveva dichiarato l’inattendibilità del registro INIPEC, si riferiva solamente allo specifico caso oggetto del giudizio, e non a una complessiva inadeguatezza del registro a costituire valido punto di riferimento ufficiale, che raccoglie tutti gli indirizzi di PEC delle imprese e dei professionisti presenti sul territorio italiano.
La Cassazione afferma conclusivamente che il registro INI-PEC è perfettamente valido ed utilizzabile per le notificazioni ex art. 3-bis L. 53/1994, disposizione che prevede la facoltà per gli avvocati e procuratori legali di notificare in via telematica atti civili, amministrativi e stragiudiziali.