Con l’ordinanza richiamata, la Suprema Corte ha respinto il ricorso avanzato da una società contro la sentenza della Corte d'Appello, con la quale i giudici territoriali avevano annullato un licenziamento, condannando anche la società al pagamento di un risarcimento per il lavoratore, il quale era stato ingiustamente licenziato.
Il caso riguardava un tecnico trasfertista, il quale era stato accusato di non aver svolto correttamente una serie di interventi presso alcuni clienti: in particolare, il datore di lavoro gli contestava la non conformità tra le tempistiche da lui dichiarate e quelle realmente riscontrate tramite alcuni controlli effettuati. Il datore di lavoro infatti si era avvalso, per le suddette verifiche, del sistema di geolocalizzazione presente sul palmare dato in dotazione al tecnico, nonché del dispositivo telepass presente sulla vettura aziendale utilizzata dal dipendente, ottenendo così un tracciamento completo dei dati relativi ai pagamenti dei vari pedaggi autostradali, con i vari dettagli inerenti agli orari, ai luoghi ecc.
Secondo la Corte d’appello però tali dati non potevano essere utilizzati, poiché ottenuti mediante una procedura di controllo del lavoratore non autorizzata e non sottoposta previamente al suo consenso.
Ebbene, la Suprema Corte ha respinto il ricorso e ha affermato che l’installazione del telepass sulla vettura aziendale data in dotazione al tecnico era avvenuta su iniziativa del datore di lavoro. Il telepass, oltre a consentire un attraversamento più rapido dei vari caselli autostradali, consente anche un vero e proprio tracciamento degli spostamenti fatti dal suo utilizzatore, in quanto fornisce tutti i dati relativi ai vari pagamenti, comprendendo orari, località ecc.
Secondo quindi i giudici di legittimità, tale controllo non può considerarsi lecito in assenza di un previo consenso da parte del lavoratore controllato, il quale deve essere debitamente informato sulle modalità attraverso cui tale controllo si svolge. Non rileva inoltre la finalità per la quale il controllo viene effettuato, ovvero impedire il verificarsi di abusi a danno della società.
Altresì irrilevante, secondo la Suprema Corte, è la possibilità per il lavoratore di disattivare il telepass. Infatti, la tesi del datore di lavoro, secondo cui il tecnico avrebbe potuto eludere i controlli dell’azienda semplicemente disattivando il dispositivo, così impedendo un controllo da remoto, è irrilevante nel momento in cui il lavoratore stesso non sia stato adeguatamente e preventivamente informato sul funzionamento dello strumento (ossia il telepass) e sulle modalità di svolgimento del controllo.
Ultimo punto ha riguardato la funzione e il ruolo attribuiti al consenso del lavoratore. La Cassazione ha affermato che, sebbene il telepass fosse uno strumento di lavoro, in ossequio alle norme sulla trasparenza e all’obbligo di informazione preventiva nei confronti del dipendente, i dati raccolti in violazione di tali regole devono essere considerati come inutilizzabili.