Nel caso esaminato dal Tribunale di Perugia, un soggetto incaricato il proprio commercialista di impugnare, dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, alcuni avvisi di accertamento che gli erano stati notificati dall’Agenzia delle Entrate.
Il procedimento si era concluso con una sentenza che aveva accolto solo parzialmente il ricorso proposto dal contribuente, con la conseguenza che questi aveva dato incarico al medesimo commercialista di promuovere il giudizio di appello dinanzi la Commissione Tributaria Provinciale.
Tuttavia, a seguito di un accesso presso la Cancelleria della Commissione, il soggetto in questione aveva scoperto che il commercialista non aveva promosso l’impugnazione richiesta.
Il commercialista aveva cercato di giustificarsi ma il cliente aveva deciso di agire in giudizio nei suoi confronti, al fine di veder accertata la grave violazione dei suoi doveri professionali e di ottenere la condanna dello stesso al risarcimento del danno derivante dal mancato deposito dell’impugnazione.
Il commercialista aveva contestato le domande svolte dal cliente, osservando che, “in ragione dell'esito favorevole oltre ogni previsione del giudizio di primo grado”, il cliente aveva condiviso con lui “la decisione di non proporre appello”, con la conseguenza che egli, pur avendo redatto l’atto, non aveva, poi, provveduto al deposito.
Il Tribunale, non riteneva di poter accogliere le domande proposte dal cliente del commercialista, in quanto infondate.
Precisava il Tribunale, in proposito, che l'errore professionale addebitabile al professionista, che non abbia provveduto ad impugnare una sentenza, pur comportando la definitiva perdita del diritto di impugnare non determina automaticamente la responsabilità del professionista, essendo necessario verificare: a) il nesso di causalità tra la condotta del professionista e il danno lamentato dal cliente, b) se un danno vi sia stato effettivamente e, c) se, nel caso in cui il professionista avesse tenuto il comportamento dovuto, il cliente “avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni”.
Per quanto concerne, in particolare, l’ipotesi del commercialista che non impugni un avviso di accertamento, il Tribunale osservava che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9917 del 26 aprile 2010, aveva precisato che “l'affermazione della responsabilità per colpa professionale implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole del ricorso alla commissione tributaria, che avrebbe dovuto essere proposto e diligentemente seguito”.
Ebbene, nel caso di specie, il Tribunale evidenziava che non era stata fornita la dimostrazione degli “ampi margini di appellabilità” del provvedimento di primo grado che avrebbe dovuto essere impugnato, non essendo stati indicati “elementi concreti, in fatto ovvero in diritto, per ritenere che l'esito, già parzialmente favorevole, della decisione di primo grado, potesse verosimilmente essere modificato in senso ulteriormente favorevole al contribuente appellante”.
Quanto alla domanda risarcitoria, peraltro, il Tribunale osservava che “il danno derivante dal mancato deposito dell'appello presuppone (…) il riscontro del nesso causale tra quella condotta ed un pregiudizio altrimenti ragionevolmente evitabile”, che, nel caso in esame, non era stato provato.
Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale di Perugia rigettava la domanda proposta dal cliente del commercialista, condannando il medesimo anche al pagamento delle spese processuali.