Perché anche i cittadini non giurisperiti possano arrivare preparati alle urne, allora, pare utile spiegare in modo semplice cosa dispongono le norme che saranno oggetto di referendum, ricordando altresì che, ai sensi dell’art. 75 Cost., le proposte saranno approvate se verrà raggiunto il quorum (cioè se avrà partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto) nonchè la maggioranza dei voti validamente espressi.
Tanto premesso, si può dunque procedere ad una schematica analisi dei quesiti referendari:
1) SCHEDA ROSSA
Il primo quesito riguarda l’abolizione della c.d. Legge Severino.
Nello specifico, recita: “volete voi che sia abrogato il Decreto Legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190)?»
Si vota quindi per l’abrogazione delle norme che impediscono la partecipazione alle elezioni di chi è stato condannato in via definitiva per mafia, terrorismo, corruzione e altri reati gravi non colposi.
Attualmente, infatti, coloro che sono condannati per questi reati, in base alla Legge Severino, decadono dalla carica e non possono essere candidati per almeno 6 anni.
Inoltre, sempre in base a questa legge, per gli amministratori locali (sindaci, consiglieri comunali ecc.) è prevista la sospensione temporanea del mandato anche in caso di condanna non definitiva, automaticamente, per 18 mesi.
Se dovesse vincere il sì, questa norma verrebbe interamente cancellata: un condannato in via definitiva, perciò, potrebbe candidarsi, a meno che i giudici non abbiano applicato l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
2) SCHEDA ARANCIONE
Il secondo quesito riguarda la limitazione delle misure cautelari.
Al fine di far comprendere ai non addetti ai lavori di che si tratta, va premesso che nel nostro sistema vige la presunzione di non colpevolezza, ma in alcuni casi, in presenza di gravi indizi di colpevolezza, si rende necessaria l’adozione di misure cautelari (come la custodia in carcere anche prima del processo e della sentenza).
Le situazioni che giustificano queste misure restrittive della libertà, in particolare, sono:
- inquinamento di prove;
- pericolo di fuga;
- pericolo di reiterazione del reato, cioè il pericolo che il soggetto commetta 1) gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale; 2) gravi delitti diretti contro l'ordine costituzionale; 3) delitti di criminalità organizzata; 4) delitti della stessa specie di quello per cui si procede (in particolare, si può trattare solo di un delitto per il quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni o, per la misura della custodia cautelare in carcere, a 5 anni oppure del delitto di finanziamento illecito dei partiti).
Il quesito referendario, in particolare, si concentra su quest’ultimo punto: si chiede ai cittadini, infatti, di eliminare la possibilità per il giudice di disporre misure cautelari nel caso in cui vi sia il pericolo che l’indiziato compia un reato della stessa specie di quello probabilmente già commesso.
Se dunque vincesse il sì, ad esempio, ad un soggetto indagato per finanziamento illecito ai partiti non si potrà applicare alcuna misura cautelare nonostante il pericolo di reiterazione del reato.
3) SCHEDA GIALLA
Questo quesito riguarda la separazione delle funzioni dei magistrati.
Si chiede, cioè, ai cittadini se vogliono abrogare le norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa.
Ma cosa vuol dire? Per comprenderlo va premesso che i magistrati (categoria in cui rientrano – è bene chiarirlo – sia i PM sia i giudici) attualmente hanno la possibilità, durante la propria carriera, di cambiare la propria funzione, per un massimo di 4 volte.
Ciò significa che un soggetto, una volta vinto il concorso in magistratura, potrebbe iniziare la propria carriera svolgendo le funzioni di Pubblico Ministero e dunque condurre la pubblica accusa e, successivamente, trovarsi a fare il giudice, terzo e imparziale nel processo.
Qualora al referendum prevalesse il “sì”, le norme che prevedono questa possibilità verrebbero eliminate e non sarebbe più consentito alcun passaggio.
4) SCHEDA GRIGIA
Questo quesito riguarda le valutazioni dei magistrati, o meglio la partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari.
Non tutti sanno che ogni 4 anni i magistrati vengono infatti sottoposti a valutazioni di professionalità, le quali sono svolte appunto dai consigli giudiziari.
Pur essendo questi ultimi composti da magistrati, avvocati e professori universitari, le valutazioni di professionalità sono attualmente condotte soltanto dai membri c.d. togati, cioè dai magistrati.
Qualora si abrogassero le norme che prevedono questo meccanismo, anche avvocati e professori (c.d. membri laici) parteciperebbero quindi alla valutazione quadriennale.
5) SCHEDA VERDE
L’ultimo quesito riguarda la abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del CSM. Quest’ultimo – giova ripeterlo – è l’organo di autogoverno della Magistratura, il quale ha lo scopo di garantire l'autonomia e l'indipendenza della stessa e adotta tutti i provvedimenti che incidono sullo status dei magistrati (dall’assunzione mediante concorso pubblico, alle procedure di assegnazione e trasferimento, alle promozioni, fino alla cessazione dal servizio).
È utile chiarire anche la composizione del CSM: esso è formato dal Presidente della Repubblica (che lo presiede), dal Primo Presidente della Cassazione e dal Procuratore Generale presso la Cassazione (che ne sono membri di diritto) e da altri ventiquattro componenti eletti, per 2/3 da tutti i magistrati e per 1/3 dal Parlamento in seduta comune.
Per candidarsi, nello specifico, un magistrato deve essere sostenuto da almeno altri 25 magistrati e presentarne le firme: il quesito, sostanzialmente, interroga i cittadini sulla volontà di abolire quest’ultima previsione.
Se prevalesse il “sì”, dunque, qualunque magistrato potrebbe candidarsi per il CSM.
Conclusivamente, pare utile riportare la formulazione integrale dei quesiti, di modo da consentire a tutti di leggerli con attenzione prima di recarsi alle urne:
1. “Volete voi che sia abrogato il Decreto Legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190)?»
2. “Volete voi che sia abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n.447 (Approvazione del codice di procedura penale) risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 274, comma 1, lettera c), limitatamente alle parole: “o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’art. 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195 e successive modificazioni.”?
3. “Volete voi che siano abrogati: l’“Ordinamento giudiziario” approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.192, comma 6, limitatamente alle parole: “, salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del Consiglio superiore della magistratura”; la legge 4 gennaio 1963, n.1 (Disposizioni per l’aumento degli organici della Magistratura e per le promozioni), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.18, comma 3: “La Commissione di scrutinio dichiara, per ciascun magistrato scrutinato, se è idoneo a funzioni direttive, se è idoneo alle funzioni giudicanti o alle requirenti o ad entrambe, ovvero alle une a preferenza delle altre”; il decreto legislativo 30 gennaio 2006, n.26, recante «Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell’art.1, comma 1, lettera b), della legge 25 luglio 2005, n.150», nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.23, comma 1, limitatamente alle parole: “nonché per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa”; il decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, recante “Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’art.1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n.150” , nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, in particolare dall’art.2, comma 4 della legge 30 luglio 2007, n.111 e dall’art.3-bis, comma 4, lettera b) del decreto-legge 29 dicembre 2009, n.193, convertito, con modificazioni, in legge 22 febbraio 2010, n.24, limitatamente alle seguenti parti: art.11, comma 2, limitatamente alle parole: “riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti”; art.13, riguardo alla rubrica del medesimo, limitatamente alle parole: “e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa”; art.13, comma 1, limitatamente alle parole: “il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti,”; art.13, comma 3: “3. Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non è consentito all’interno dello stesso distretto, né all’interno di altri distretti della stessa regione, né con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell’art.11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto dall’interessato, per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata ed è disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire le osservazioni del presidente della corte di appello o del procuratore generale presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti. Il presidente della corte di appello o il procuratore generale presso la stessa corte, oltre agli elementi forniti dal capo dell’ufficio, possono acquisire anche le osservazioni del presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità. Per il passaggio dalle funzioni giudicanti di legittimità alle funzioni requirenti di legittimità, e viceversa, le disposizioni del secondo e terzo periodo si applicano sostituendo al consiglio giudiziario il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché sostituendo al presidente della corte d’appello e al procuratore generale presso la medesima, rispettivamente, il primo presidente della Corte di cassazione e il procuratore generale presso la medesima.”; art.13, comma 4: “4. Ferme restando tutte le procedure previste dal comma 3, il solo divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, all’interno dello stesso distretto, all’interno di altri distretti della stessa regione e con riferimento al capoluogo del distretto di corte d’appello determinato ai sensi dell’art.11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni, non si applica nel caso in cui il magistrato che chiede il passaggio a funzioni requirenti abbia svolto negli ultimi cinque anni funzioni esclusivamente civili o del lavoro ovvero nel caso in cui il magistrato chieda il passaggio da funzioni requirenti a funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, ove vi siano posti vacanti, in una sezione che tratti esclusivamente affari civili o del lavoro. Nel primo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura civile o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. Nel secondo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura penale o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. In tutti i predetti casi il tramutamento di funzioni può realizzarsi soltanto in un diverso circondario ed in una diversa provincia rispetto a quelli di provenienza. Il tramutamento di secondo grado può avvenire soltanto in un diverso distretto rispetto a quello di provenienza. La destinazione alle funzioni giudicanti civili o del lavoro del magistrato che abbia esercitato funzioni requirenti deve essere espressamente indicata nella vacanza pubblicata dal Consiglio superiore della magistratura e nel relativo provvedimento di trasferimento.”; art.13, comma 5: “5. Per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l’anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche.”; art.13, comma 6: “6. Le limitazioni di cui al comma 3 non operano per il conferimento delle funzioni di legittimità di cui all’art.10, commi 15 e 16, nonché, limitatamente a quelle relative alla sede di destinazione, anche per le funzioni di legittimità di cui ai commi 6 e 14 dello stesso art.10, che comportino il mutamento da giudicante a requirente e viceversa.”; il decreto-legge 29 dicembre 2009, n.193, convertito, con modificazioni, in legge 22 febbraio 2010, n.24 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.3, comma 1, limitatamente alle parole: “Il trasferimento d’ufficio dei magistrati di cui al primo periodo del presente comma può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa, previsto dall’art.13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160.”?
4. “Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 27 gennaio 2006, n.25, recante «Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari, a norma dell’art. 1, comma 1, lettera c) della legge 25 luglio 2005, n.150», risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art.8, comma 1, limitatamente alle parole “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’art.7, comma 1, lettera a)”; art.16, comma 1, limitatamente alle parole: “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’art.15, comma 1, lettere a), d) ed e)”?”
5. “Volete voi che sia abrogata la legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 25, comma 3, limitatamente alle parole “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’art. 23, né possono candidarsi a loro volta”?”