Questa ricevuta, infatti, fa insorgere una presunzione di conoscenza da parte del destinatario, secondo il principio stabilito per gli atti recettizi di cui all’art. 1335 c.c., che si sostanziano in dichiarazioni dirette a soggetti determinati e che, secondo il richiamato dato legislativo, si reputano conosciuti nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario.
Tale presunzione, in particolare, può essere vinta nel caso in cui il destinatario fornisca la prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di avere notizia del documento.
Ebbene, come precisato dalla Suprema Corte, siffatta regola si applica anche alle notificazioni a mezzo PEC, sicchè se il mittente fornisce la c.d. RAC, cioè la ricevuta di avvenuta consegna, il destinatario che intenda far dichiarare la notifica nulla dovrà dar prova di essersi trovato nell’impossibilità oggettiva di conoscere il contenuto della comunicazione informatica. Ai fini di superare la presunzione in parola, pertanto, il destinatario della comunicazione a mezzo pec dovrebbe allegare dei malfunzionamenti assolutamente incolpevoli ed imprevedibili del sistema, in ogni caso non imputabili al destinatario stesso. Dovrebbe dare prova, cioè, del caso fortuito.
Le mere difficoltà soggettive, invece, non sono idonee a vincere la presunzione in quanto la giurisprudenza di legittimità, richiamata dalla recente ordinanza della Corte, ha ribadito più volte che la notifica a mezzo Pec di un atto informatico del processo effettuata ai sensi dell’art. 3 bis L. 53/1994 comporta, qualora rispetti i requisiti tecnici normativamente imposti, l’onere per il destinatario di dotarsi di adeguati strumenti per decodificare e leggere tale documentazione.
Nel caso di specie, il Tribunale aveva annullato il licenziamento illegittimo di un soggetto, condannando il datore di lavoro al pagamento di un cospicuo risarcimento.
Avverso questa sentenza aveva proposto reclamo il datore di lavoro, ma la Corte d’appello aveva ritenuto tale reclamo inammissibile in quanto tardivo.
Il datore di lavoro allora aveva proposto ricorso, deducendo che il ritardo nella presentazione del reclamo era dipeso da una impossibilità di lettura del documento informatico per “errore nell’accesso ad un file temporaneo” e producendo lo screenshot della relativa schermata.
La Cassazione, tuttavia, ha dichiarato tali doglianze infondate. Segnatamente, la Corte ha ritenuto corretta la pronuncia di secondo grado, per cui il problema informatico lamentato dal reclamante doveva configurarsi come mera problematica individuale del sistema informatico e, come tale, non doveva ritenersi idonea a far “slittare” il termine di impugnazione.
Il Collegio, infatti, ha richiamato l’orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità per cui, fino a prova contraria, la ricevuta di avvenuta consegna è idonea a dimostrare che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta del destinatario ed è stato da questo conosciuto. Ciò richiamato, nella fattispecie concreta, la Corte ha rilevato che la ricevuta di avvenuta consegna era stata prodotta, mentre non era stata fornita nessuna prova del caso fortuito.