Secondo la Cassazione, sent. n. 1999/20, continuare a fare battute a sfondo sessuale alla collega di sesso femminile può integrare il reato di molestie, con conseguente
- condanna alla reclusione e
- al risarcimento a carico del responsabile.
Affinché il responsabile sia punito per il reato di molestia, la condotta non deve arrecare "solo" fastidio alla persona offesa, deve essere un fastidio... insopportabile. Secondo la Corte di Cassazione, il rivolgere, con insistenza, battute a sfondo sessuale o domande, altrettanto insistenti, volte a carpire aspetti della vita intima di una donna, integra la fattispecie del reato di molestie.
La soluzione riprende quella prevista in un altro frangente, quando i giudici si erano trovati a giudicare le molestie telefoniche di un soggetto, responsabile di assillare la parte lesa con ossessivi riferimenti alle abitudini sessuali di questa.
In tal caso non si escludeva la fattispecie di reato per il fatto che l’interlocutore assumeva con il molestatore, al fine di raccogliere elementi utili per individuare l’autore delle telefonate, un tono confidenziale, dandogli del "tu" e consentendo a questi di fare altrettanto. Infatti tale comportamento non può essere interpretato come acquiescenza o comunque attenuare nell’autore delle molestie la consapevolezza della illiceità della propria condotta.
La giurisprudenza si era già occupata di casi simili; un esempio riguarda la sentenza pronunciata dal tribunale di Milano del 30.01.2001, in cui si afferma che nel luogo di lavoro, apprezzamenti allusivi, battute a sfondo sessuale, inviti a cena tendenziosi, telefonate continue con costanti ricadute sul piano sessuale, approccio tramite un bacio o proposte di approccio, possono essere qualificate come vere e proprie molestie sessuali, con lesione della personalità, e della dignità personale della persona offesa.
La vittima ha la possibilità di chiedere il risarcimento del danno, commisurato dal giudice sulla base della durata, dell’intensità e della gravità dell’offesa, della posizione delle parti e delle circostanze in cui l’offesa è arrecata, quindi “in via equitativa”.
Provvedimenti a fronte dei comportamenti di molestia adottati nel luogo di lavoro dovrebbero essere adottati anche dal datore di lavoro che ne sia a conoscenza, nel tentativo di tutelare la sicurezza e la salute psicofisica di ogni lavoratore; in caso contrario sarà anch’esso chiamato a risarcire il danno.