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Quand'è che l'intermediario finanziario può dirsi responsabile delle perdite subite dall'investitore?

Quand'è che l'intermediario finanziario può dirsi responsabile delle perdite subite dall'investitore?
L'intermediario finanziario ha l'obbligo di fornire all'investitore un'informazione adeguata e completa circa il rischio del prodotto finanziario proposto.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4727 del 28 febbraio 2018, ha fornito alcune interessanti precisazioni in tema di obblighi informativi degli intermediari finanziari.

Il caso sottoposto all’esame della Cassazione ha visto come protagonista una coppia, che aveva agito in giudizio al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito della perdita del capitale investito in obbligazioni di una banca.

Il Tribunale di Lecco, pronunciatosi in primo grado, aveva accolto la suddetta domanda, rilevando come la banca avesse tenuto un comportamento contrario alle regole dall’art. 21 del d. lgs. n. 58 del 1998, “in relazione agli obblighi informativi su di essa incombenti”.

Secondo il Tribunale, inoltre, il danno lamentato dagli attori “era legato da un nesso di regolarità causale con l'illecito contrattuale accertato”.

La sentenza, tuttavia, era stata riformata dalla Corte d’appello di Milano, la quale, al contrario, aveva “escluso la sussistenza del nesso causale tra l'inadempimento della banca e il danno patito dagli appellati”, in quanto, dalle testimonianze raccolte in corso di causa, era emerso che “l'eventuale violazione degli obblighi informativi non avrebbe comunque inciso sulla decisione dell'investitore orientato da un intento speculativo”.

La Corte d’appello aveva evidenziato, in particolare, che, già prima della conclusione del contratto di compravendita di strumenti finanziari la coppia era stata avvisata dei rischi connesso all’investimento in titoli obbligazionari “ma aveva comunque preferito le obbligazioni (…) in considerazione della maggior rendita garantita”.

Secondo la Corte d’appello, dunque, le informazioni fornite dalla banca avevano interrotto il nesso di causalità e il danno doveva essere ricondotto alla responsabilità dei danneggiati stessi, i quali, “pur informati sull'aggravamento delle condizioni del mercato, avevano deciso di mantenere l'investimento”.

Ritenendo la decisione ingiusta, la coppia aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover aderire alle considerazioni svolte dagli investitori, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.

Osservava la Cassazione, in primo luogo, che “l'intermediario finanziario ha l'obbligo di fornire all'investitore un'informazione adeguata in concreto, tale cioè da soddisfare le specifiche esigenze del singolo rapporto, in relazione alle caratteristiche personali e alla situazione finanziaria del cliente”.

Pertanto, secondo la Corte, l’obbligo informativo può dirsi assolto solamente laddove l’intermediario fornisca all’investitore delle “indicazioni idonee a descrivere la natura, la quantità e la qualità dei prodotti finanziari ed a rappresentarne la specifica rischiosità”.

Precisava la Cassazione, peraltro, che “l'onere della prova dell'assolvimento dell'obbligo informativo è a carico dell'intermediario” e “deve concretizzarsi nella prova positiva della diligenza” del medesimo.

L’investitore, per contro, è tenuto solamente “ad allegare specificamente il deficit informativo ed a fornire la prova dell'esistenza di un pregiudizio patrimoniale dovuto all'investimento od agli investimenti eseguiti”.

Per quanto riguarda, poi, il nesso di causalità, la Cassazione evidenziava che l'investitore deve provare che la perdita patrimoniale subita è causalmente riconducibile, anche in via non esclusiva, “alle caratteristiche di rischiosità del prodotto non conosciute”.

Ebbene, nel caso di specie, la Cassazione riteneva che la Corte d’appello avesse errato nel ricollegare l’insussistenza della prova del nesso di causalità al “profilo ‘speculativo’ del cliente”.

Secondo la Cassazione, inoltre, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto tenere in considerazione il fatto che l’intermediario non aveva fornito alcuna “prova contraria”, né relativamente alla preventiva conoscenza da parte dell'investitore della rischiosità del prodotto finanziario, né relativamente alla “oggettiva mancanza dei dedotti elementi di rischio”.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dagli investitori, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello di Milano, affinché la medesima procedesse ad una nuova valutazione dei fatti di causa.


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