La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 884 del 16 gennaio 2018, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Il caso sottoposto all’esame della Cassazione ha visto come protagonista alcuni condomini, proprietari di appartamenti e di box auto, che avevano agito in giudizio nei confronti di alcuni soggetti, che avevano la proprietà solamente di posti auto scoperti, al fine di veder accertata l’inesistenza, in capo a questi ultimi, di un diritto di servitù di passaggio su una determinata area di proprietà condominiale.
Secondo i condomini attori, in particolare, i convenuti, “in quanto proprietari non di appartamenti, né di box, ma soltanto di stalli di sosta scoperti” avevano il diritto di passare solamente sui tratti di strada carrabile, “fino alla cinta muraria del complesso condominiale”, mentre non potevano vantare alcun diritto con riferimento alle aree di proprietà condominiale, ubicate all’esterno della strada carrabile.
I convenuti avevano contestato la domanda proposta nei loro confronti, evidenziando che, “in forza dei loro titoli di acquisto e della costante partecipazione alle assemblee, i loro immobili dovevano essere considerati appartenenti al complesso condominiale”.
Il Tribunale di Chiavari, pronunciatosi in primo grado, aveva accolto la domanda dei condomini attori ma la sentenza era stata riformata in secondo grado, in quanto la Corte d’appello aveva ritenuto che l’area oggetto di contestazione rientrava in una “comproprietà pattizia”, che vedeva i proprietari dei posti auto scoperti “come partecipanti al condominio”.
Rilevava la Corte d’appello, infatti, che i posti auto in questione erano ubicati “all’interno dell’area condominiale”, pur trovandosi le abitazioni dei relativi proprietari al di fuori della cinta muraria.
A fronte della sentenza della Corte d’appello, i condomini attori in primo grado avevano deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
I ricorrenti evidenziavano, in particolare, come la Corte d’appello avesse erroneamente ritenuto che i proprietari dei soli posti auto scoperti rivestissero la qualità di “condomini”.
Secondo i ricorrenti, in particolare, la Corte d’appello avrebbe violato l’art. 1117 c.c. e tutte le norme dettate dal codice civile in tema di condominio, in quanto “per acquisire la qualità di condomino è necessario essere proprietario di un’unità immobiliare nell’ambito dell’edificio condominiale”, mentre, nel caso di specie, i resistenti erano “unicamente proprietari di posti auto”.
A detta dei ricorrenti, inoltre, la Corte d’appello non avrebbe dato corretta applicazione nemmeno all’art. 1027 c.c., dal momento che nella decisione impugnata non era tenuto conto del “tenore letterale degli atti di acquisto dei posti auto”, dai quali non era dato evincere che gli stessi facessero parte di un condominio.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle considerazioni svolte dai condomini ricorrenti, confermando quanto statuito nella sentenza impugnata.
Secondo la Cassazione, infatti, la Corte d’appello era, del tutto correttamente, giunta alla conclusione che l’are oggetto di contestazione appartenesse in comproprietà anche ai soli proprietari dei posti auto scoperti, “che si trovano all’interno del perimetro condominiale”.
Del resto, rilevava la Cassazione, tale circostanza trovava conferma non solo dallo “stato dei luoghi”, descritto dal consulente tecnico sentito in corso di causa, ma, altresì, dal regolamento condominiale e dall’allegata tabella millesimale, che chiamava “tutti i proprietari dei posti auto (siano, o meno, titolari di appartamenti compresi nelle mura del Condominio) a contribuire alle relative spese di manutenzione di quel tratto”.
Ebbene, la Cassazione evidenziava come “la disciplina del condominio degli edifici, di cui agli artt. 1117 c.c. e ss., è ravvisabile ogni qual volta sia accertato in fatto un rapporto di accessorietà necessaria che lega alcune parti comuni (…) a porzioni, o unità immobiliari, di proprietà singola, delle quali le prime rendono possibile l’esistenza stessa o l’uso”.
La nozione di “condominio”, dunque, secondo la Cassazione, si configura “non solo nell’ipotesi di fabbricati che si estendono in senso verticale ma anche nel caso di beni adiacenti orizzontalmente, purché dotati delle strutture portanti e degli impianti essenziali indicati dal citato art. 1117 c.c.”.
Di conseguenza, a detta della Corte, anche i proprietari esclusivi di posti auto, compresi nel complesso condominiale, possono qualificarsi come “condomini”, in base ai criteri fissati dall’art. 1117 c.c.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dai condomini, confermando integralmente la sentenza oggetto di impugnazione.