La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 53593 del 27 novembre 2017, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Bari aveva confermato la sentenza con cui il Tribunale della stessa città aveva assolto un imputato dal reato di “truffa” (art. 640 c.p.).
Nello specifico, l’imputato era stato accusato di tale reato, in quanto egli avrebbe stipulato con due coniugi un preliminare di compravendita di un appartamento da costruirsi, facendo credere agli stessi di essere proprietario del terreno su cui doveva essere realizzato l’immobile.
Secondo la Corte d’appello, in particolare, non poteva ritenersi sussistente un’ipotesi di “truffa contrattuale”, in quanto l’imputato “aveva effettivamente sottoscritto un contratto di acquisto del detto terreno (…) in epoca precedente alla scrittura privata stipulata con i coniugi”.
Ritenendo la decisione ingiusta, i coniugi avevano deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza loro sfavorevole.
Secondo i ricorrenti, in particolare, la Corte d’appello aveva erroneamente assolto l’imputato, dal momento che egli aveva acquistato il terreno “con riserva di proprietà” in favore del venditore e il contratto di acquisto “era subordinato alla condizione sospensiva del rilascio delle autorizzazioni da parte del Comune”.
Di conseguenza, secondo i ricorrenti, al momento della stipula del preliminare, l’imputato “non aveva ancora acquistato la proprietà del suolo, come falsamente dichiarato”.
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di poter dar ragione ai coniugi, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
Osservava la Cassazione, infatti, che, dalla documentazione raccolta in corso di causa, era emerso che, effettivamente, il contratto di acquisto del terreno da parte dell’imputato “era sottoposto a riserva di proprietà da parte del venditore (…) e alla condizione sospensiva che il Comune rilasciasse permesso a costruire”.
Pertanto, secondo la Cassazione, appariva certo che, al momento della stipula del preliminare con i coniugi, l’imputato non aveva ancora acquistato la proprietà del terreno, essendosi egli “limitato a stipulare una vendita obbligatoria, peraltro sottoposta alla condizione sospensiva che il comune rilasciasse il permesso a costruire”.
Precisava la Cassazione, inoltre, che, “in tema di truffa contrattuale, anche il silenzio, maliziosamente serbato su circostanze rilevanti ai fini della valutazione delle reciproche prestazioni da parte di colui che abbia il dovere di farle conoscere, integra l'elemento del raggiro”.
Ebbene, nel caso di specie, secondo la Cassazione, doveva ritenersi che i coniugi avessero confidato “nella titolarità del bene da parte del loro promittente venditore, che fraudolentemente aveva falsamente affermato di averne acquistato la proprietà”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dai coniugi, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello, affinchè la medesima decidesse nuovamente sulla questione, sulla base dei principi sopra enunciati.