Il caso passato sotto il vaglio della Cassazione riguardava una consulenza tecnica volta a stabilire se il decesso di un paziente all’interno di una struttura sanitaria fosse o meno addebitabile ad un errore da parte dei professionisti sanitari che ivi avevano in cura il paziente.
In casi come quello in esame, senza l’ausilio di una consulenza tecnica da parte di un esperto il giudice non sarebbe in grado di verificare se i sanitari abbiano davvero commesso negligenze professionali e quali ne siano le conseguenze in termini di danni risarcibili.
Tuttavia, talvolta la prassi processuale porta ad ampliare il perimetro dell’indagine del
consulente tecnico, tentando di sopperire ad eventuali
carenze probatorie delle parti: come nel caso in esame, in cui il consulente, nel corso della sua indagine, aveva acquisito dei documenti che, non essendo stati prodotti dalle parti
entro i termini processuali, risultavano conseguentemente assunti anche in assenza di
contraddittorio.
La parte danneggiata lamentava infatti l’introduzione tramite CTU all’interno del
processo di una cartella clinica che la parte convenuta non aveva prodotto sin dall’inizio e che però, nel caso specifico, era stata ritenuta fondamentale dal giudice per respingere la
domanda di risarcimento contro l’ospedale.
La Cassazione, con la
sentenza 31886/2019, ha accolto il
ricorso, affermando che l’indagine del consulente tecnico può essere svolta
solo sui fatti e sui documenti che le parti hanno allegato e depositato entro i termini previsti dal codice di procedura civile, mentre gli è preclusa ogni attività tesa ad acquisire di sua iniziativa le prove dei fatti costitutivi della domanda o dell’
eccezione non precedentemente allegate dalle parti. Queste regole, secondo la Corte, non sono derogabili né per ordine del giudice, né per
acquiescenza delle parti.
Oltretutto, la Corte afferma che l’introduzione di questi elementi da parte del consulente tecnico determina addirittura la
nullità della stessa consulenza e, di conseguenza, anche della
decisione finale: tale nullità è assoluta e sempre rilevabile, anche d’ufficio, fino al
passaggio in giudicato della sentenza.