Mescola tutto e la discussione sul rapporto tra il lavoro e le nuove generazioni si riaccende.
Nel video, l’influencer – in lacrime – ha spiegato che, nel suo primo giorno di lavoro, ha dovuto affrontare un turno di otto ore: dalle 9 di mattina alle 17 del pomeriggio. Troppo, eccessivo secondo lei, considerando anche il tempo per raggiungere il posto di lavoro. La giovane si è sfogata: tutto questo le impedisce di avere tempo per una vita al di fuori del lavoro.
Il video social di Briella ha fatto discutere, ma parliamoci chiaro: chi è che, almeno una volta, non si è sentito sotto stress per il lavoro e ha pensato di ridurre le ore lavorative per dedicare del tempo a sé?
In Italia, la legge stabilisce che l’orario di lavoro normale settimanale sia di 40 ore. Però, spesso, i contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) prevedono un orario settimanale più basso (ad esempio, di 37 ore settimanali).
Quando il contratto individuale di lavoro prevede l’orario di lavoro normale settimanale, allora è un contratto a tempo pieno. Invece, se il contratto individuale prevede un orario più basso di quello normale (ad esempio, solo 20 ore settimanali), si tratta di un part-time.
Il lavoratore, quando è assunto a tempo pieno, può chiedere la riduzione dell’orario di lavoro e il passaggio al part-time? La risposta è sì: basta inviare una richiesta scritta e motivata al datore di lavoro.
Però, il lavoratore a tempo pieno ha diritto alla trasformazione del contratto di lavoro in part-time? Qui la risposta potrebbe non piacere all’influencer americana del video. Infatti, in Italia, salvo pochi casi previsti dalla legge, non esiste un diritto del lavoratore ad ottenere la trasformazione del contratto a tempo pieno in part-time.
Quali sono i rari casi in cui il lavoratore ha questo diritto?
La legge (art. 8 del d.lgs. n. 81/2015) prevede questo diritto per i lavoratori del settore pubblico e privato con ridotta capacità lavorativa poiché colpiti da malattie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative che peggiorano con il tempo (ad esempio, sclerosi multipla).
Ancora, c’è il diritto al part-time anche per i lavoratori neogenitori che, invece di sfruttare il congedo parentale, chiedono la trasformazione in part-time, a condizione che ci sia una riduzione dell’orario al massimo del 50%.
Inoltre, pure le lavoratrici, che hanno subito violenza di genere, hanno questo diritto, ma a patto che ci sia disponibilità in organico.
Però, se hai pensato di chiedere la trasformazione in part-time e non sei in una delle situazioni appena viste, puoi comunque fare questa richiesta.
Cosa cambia? Se hai diritto al passaggio in part-time, il datore non potrà scegliere: tu chiedi, lui accoglie. Se la legge dice che non hai questo diritto, il datore potrà liberamente decidere se accettare o meno la tua richiesta.
Peraltro, ci sono casi in cui la legge non riconosce un diritto, ma una priorità del lavoratore, rispetto ad altri dipendenti, nel passaggio al part-time. Ad esempio, si riconosce priorità al lavoratore che abbia un figlio portatore di handicap o un figlio di età inferiore a 13 anni.
L’argomento resta di forte interesse e questo video su TikTok non ha fatto altro che scoprire la necessità di riuscire a combinare esigenze lavorative con esigenze personali.