Nel caso esaminato dal Tribunale, il condominio aveva agito in giudizio nei confronti di una società, che era proprietaria di una delle unità immobiliari del condominio stesso, lamentando che la stessa aveva “edificato opere abusive (in violazione del regolamento condominiale e con spoglio del possessi di beni comuni), su parte del terrazzo a livello (…) e sul lastrico di copertura dell’appartamento del condominio attore”.
Il condominio, dunque, chiedeva la rimozione delle opere eseguite (tra cui un'inferriata di recinzione, coperta con siepe sintetica), oltre al risarcimento del danno subito.
La società convenuta in giudizio si difendeva, evidenziando come fosse stata realizzata “una mera struttura composta da elementi mobili in legno a sostegno di ampie finestrature e sormontata da una tenda in PVC retrattile (e non già una veranda con aumento di superficie e, quindi, di cubatura dell’appartamento), senza arrecare danno alcuno al condominio o compromettere minimamente la stabilità e la sicurezza, da un lato, ovvero l’estetica e il decoro architettonico, dall’altro, dell’edificio”.
La società, peraltro, chiedeva, in via riconvenzionale, l’accertamento dell’acquisto per usucapione (art. 1158 codice civile) o del diritto di uso esclusivo del lastrico di copertura (art. 1117 codice civile).
Il Tribunale riteneva di poter accogliere solo parzialmente le domande svolte dal condominio.
Secondo il Tribunale, infatti, la domanda di rimozione della veranda non poteva essere accolta, dal momento che “possono venire in considerazione, ai fini dell’esistenza di un abuso edilizio di rilievo civilistico, le (sole) modifiche della sagoma o del volume preesistenti di una costruzione, eseguite con manufatti privi dei connotati di precarietà e destinati a durare nel tempo”.
Inoltre, il Giudice evidenziava come “la chiusura di vetri di balconi o terrazzi di pertinenza esclusiva deve, di norma, ritenersi consentita ai rispettivi proprietari, purchè non alteri il decoro architettonico dell’edificio condominiale e non rechi pregiudizio, sotto alcun profilo, agli altri condomini”.
Nel caso di specie, secondo il Tribunale, il manufatto realizzato dalla società condomina, non alterava “la particolare struttura e la complessiva armonia” del fabbricato condominiale, dovendosi, altresì, escludere che il manufatto medesimo limitasse le possibilità di veduta dall’edificio.
Il Tribunale, invece, riteneva di dover accogliere la domanda del condominio volta ad ottenere la rimozione dell'inferriata di recinzione realizzata sul lastrico, il quale era “incontestabilmente di proprietà condominiale (…) non potendosi ritenere maturato, in capo alla società convenuta (…) alcun acquisto a titolo originario almeno del diritto di calpestio in via esclusiva del lastrico medesimo”.
Precisava il Giudice, infatti, come ai fini dell’acquisto di un bene per usucapione, è necessario che il possesso del bene stesso risulti “in modo rigoroso, concretamente esercitato con tutti i requisiti di legge, vale a dire con atti conformi alla qualità e alla destinazione economica della cosa, secondo la sua specifica natura e rivelatori anche all’esterno di una piena, esclusiva, continua e indiscussa signoria di fatto contrapposta alla consapevole inerzia di chi della stessa risulti titolare secondo i pubblici registri”.
Nel caso di specie, invece, erano anche state assunte delle testimonianze, dalle quali era emerso che la società non era l’utilizzatrice esclusiva del lastrico.
Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda proposta dal condominio, compensando tra le parti le spese processuali.