L’esistenza di un debito con l’Agenzia delle entrate e della riscossione (AdER) può causare un ritardo nel pagamento della pensione e del TFR, poiché attiva il servizio di verifica degli inadempimenti, che a sua volta segnala all'AdER ai fini delle necessarie azioni di recupero.
Il riferimento normativo va individuato nell’art. 48 bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), laddove è previsto che le Amministrazioni Pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare a qualunque titolo il pagamento di un importo superiore a diecimila euro, devono verificare se il beneficiario sia inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento il cui ammontare complessivo sia pari o superiore a detto importo e, in caso affermativo, che non procedano al predetto pagamento, segnalando la circostanza all’agente della riscossione competente per territorio.
Successivamente, si ricorda, con la legge di bilancio per il 2018 è stato modificato il limite oltre cui scatta la suddetta verifica degli inadempimenti, e precisamente da 10.000 euro è sceso a 5.000 euro a decorrere dallo stesso anno. Si ricorda altresì che con la legge 21 settembre 2022, n. 142 è stato modificato il limite di impignorabilità delle pensioni: è salito cioè a 1.000 euro il “minimo vitale” sotto il quale non si possono pignorare le pensioni.
Le somme dovute a titolo di pensione, di indennità o altri assegni di quiescenza, non possono quindi essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell'assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro (INPS, circ. 23/2023).
Pertanto, per quanto riguarda i pignoramenti disposti dall'Agente della riscossione ai sensi degli articoli 72 bis e seguenti del D.P.R. 602/1973, l'Agente della riscossione può effettuare il pignoramento di pensioni e altre indennità relative al rapporto di lavoro (incluso il TFR), entro i seguenti limiti:
Il riferimento normativo va individuato nell’art. 48 bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), laddove è previsto che le Amministrazioni Pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare a qualunque titolo il pagamento di un importo superiore a diecimila euro, devono verificare se il beneficiario sia inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento il cui ammontare complessivo sia pari o superiore a detto importo e, in caso affermativo, che non procedano al predetto pagamento, segnalando la circostanza all’agente della riscossione competente per territorio.
Successivamente, si ricorda, con la legge di bilancio per il 2018 è stato modificato il limite oltre cui scatta la suddetta verifica degli inadempimenti, e precisamente da 10.000 euro è sceso a 5.000 euro a decorrere dallo stesso anno. Si ricorda altresì che con la legge 21 settembre 2022, n. 142 è stato modificato il limite di impignorabilità delle pensioni: è salito cioè a 1.000 euro il “minimo vitale” sotto il quale non si possono pignorare le pensioni.
Le somme dovute a titolo di pensione, di indennità o altri assegni di quiescenza, non possono quindi essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell'assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro (INPS, circ. 23/2023).
Pertanto, per quanto riguarda i pignoramenti disposti dall'Agente della riscossione ai sensi degli articoli 72 bis e seguenti del D.P.R. 602/1973, l'Agente della riscossione può effettuare il pignoramento di pensioni e altre indennità relative al rapporto di lavoro (incluso il TFR), entro i seguenti limiti:
- 1/10 per importi fino a 2.500,00 euro;
- 1/7 per importi da 2.500,00 a 5.000,00 euro;
- 1/5 per importi superiori a 5.000 euro.
Questi appena riportati sono i limiti stabiliti dall'articolo 72 ter del D.P.R. 602/73, introdotto dal D.L. 16/2012 (cosiddetto "decreto Semplificazioni").
Resta fermo che le pensioni, le indennità che tengono luogo della pensione, o altri assegni di quiescenza sono del tutto impignorabili fino ad un ammontare pari all'importo dell'assegno sociale aumentato della metà.
Nel caso di accredito su conto corrente, vale lo stesso principio sopra illustrato, per cui le somme versate sul conto sono pignorabili per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale, quando l'accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; nei limiti di 1/10, 1/7, 1/5 (a seconda dell'importo dello stipendio, pensione, etc., come sopra specificato) quando l'accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente.
Qualora i limiti suddetti non vengano rispettati, il pignoramento è da considerarsi inefficace per la parte eccedente i detti limiti.
L'inefficacia può essere eccepita dal debitore in sede di opposizione all'esecuzione dinanzi al Tribunale ordinario, in funzione di Giudice dell'esecuzione, sia che si tratti di materia tributaria che di materia extratributaria.
Il debitore pignorato potrà anche chiedere il risarcimento del danno che gli sia derivato dal pignoramento illegittimo.