Dal 2013 infatti, per i dipendenti pubblici è stata introdotta la cd. uscita forzata, che li obbliga a lasciare il proprio posto di lavoro al compimento, al più tardi, del 67° anno d’età. L'obbligo di pensionamento era stato introdotto con l'obiettivo di favorire il turnover generazionale e di ridurre i costi statali.
Tuttavia, per affrontare la carenza di personale in alcune aree della Pubblica Amministrazione, l'esecutivo potrebbe, già dalla legge di bilancio del 2025, rimuovere tale obbligo. Si tratterà probabilmente di una soluzione temporanea, finalizzata a fronteggiare una situazione critica, che è già stata impiegata per alcune categorie di lavoratori, come ad esempio i medici.
Il Governo Meloni, nella legge di bilancio per il 2025, che sarà presentata al Parlamento entro l’autunno e dovrà essere approvata entro la fine dell’anno, potrebbe includere una riforma che modifichi le norme sul pensionamento obbligatorio. Come anticipato infatti, ad oggi, in forza di alcune disposizioni introdotte tra il 2013 e il 2014, i dipendenti pubblici devono terminare il proprio rapporto di lavoro con la Pubblica amministrazione a 65 anni se hanno accumulato 42 anni e 10 mesi di contributi, oppure a 67 anni se non hanno raggiunto tale soglia contributiva.
L’uscita forzata era stata concepita per due ragioni principali: facilitare il ricambio generazionale, liberando posizioni occupate da lavoratori anziani e ridurre il numero di impiegati pubblici, con l’obiettivo di risparmiare risorse economiche.
La nuova proposta non prevede un innalzamento dell'età pensionabile, ma consentirebbe ai dipendenti pubblici di continuare a lavorare anche oltre il raggiungimento dei requisiti per la pensione. Un modello simile è stato già sperimentato negli ospedali pubblici, dove la mancanza di medici ha spinto a sospendere l'uscita obbligatoria dal lavoro.
Attualmente, il tasso di posti vacanti nella Pubblica Amministrazione si aggira intorno al 30%, un dato preoccupante, che si aggrava ulteriormente nelle regioni settentrionali. La combinazione di salari non competitivi e trasferimenti geografici ha contribuito a un esodo significativo dal settore pubblico, nonostante i tentativi del Governo di incentivare le assunzioni. Di conseguenza, una soluzione temporanea potrebbe essere quella di permettere ai lavoratori più anziani di rimanere in servizio per evitare un ulteriore peggioramento della situazione.
A preoccupare l’esecutivo è anche il forte calo del numero di nuove reclute nelle forze dell'ordine, tanto che il Governo sta valutando l'opzione di alzare l'età pensionabile obbligatoria da 60 a 62 anni.