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Pensione anticipata, potrai andarci a 64 anni con almeno 1500 euro al mese usando una parte del TFR: l'idea del Governo

Pensione anticipata, potrai andarci a 64 anni con almeno 1500 euro al mese usando una parte del TFR: l'idea del Governo
Al vaglio del Governo l’opzione di utilizzare il Tfr nei fondi pensione per anticipare il pensionamento a 64 anni, garantendo una pensione di almeno 1.500 euro mensili
Il pensionamento anticipato potrebbe diventare più accessibile grazie all’uso del Tfr. Il Governo, infatti, sta pensando di introdurre tale provvedimento nella prossima manovra economica. In altre parole, si potrebbe ricorrere a una parte del capitale accumulato nei fondi pensionistici integrativi, che verrebbe impiegata per raggiungere il requisito minimo richiesto per l’assegno pensionistico, ossia tre volte il valore dell'assegno sociale.
Questa iniziativa, proposta dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, esponente della Lega, si basa parzialmente sulla vecchia Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (Rita).
Attraverso la Rita, i lavoratori potevano, in presenza di alcune condizioni, anticipare l’età del pensionamento, attraverso la graduale riscossione del capitale accumulato nei fondi pensione integrativi. Per accedere alla misura, erano necessari almeno 20 anni di contributi, un'iscrizione minima di 5 anni a un fondo pensione complementare e il raggiungimento dei requisiti pensionistici entro 5 anni.

In base alla nuova proposta della Lega, coloro che hanno raggiunto i 64 anni di età e hanno accumulato 20 anni di contributi potranno utilizzare una parte del Tfr versato nei fondi pensionistici per colmare eventuali contributi mancanti e raggiungere il requisito di una pensione pari a tre volte il minimo. Secondo Durigon, in questo modo si aiuterebbero i lavoratori più giovani, che rischiano di avere pensioni basse con il sistema contributivo, garantendo loro un assegno di almeno 1.500 euro al mese.
Ulteriore vantaggio consiste nella riduzione, da parte dello Stato, dell’esigenza di effettuare interventi integrativi delle pensioni minime, rappresentando altresì un primo passo verso la revisione della Legge Fornero, che attualmente prevede l’età pensionabile a 67 anni con almeno 20 anni di contributi.

La misura prevede inoltre l'estensione, per un altro anno, delle misure di flessibilità, tra cui l'Ape sociale e l'Opzione donna, oltre all'adeguamento delle pensioni all'inflazione, con un aumento delle pensioni minime fino a circa 630 euro.
Si discute inoltre dell’eliminazione del pensionamento obbligatorio a 67 anni per i dipendenti pubblici, nonché dell'introduzione di incentivi per incoraggiare i lavoratori, sia pubblici che privati, a prolungare la loro attività nonostante abbiano raggiunto i requisiti pensionistici.
Tra le proposte, invece, non è stato inserito il nuovo sistema di adesione tacita di sei mesi, progettato per incentivare i giovani a destinare il proprio Tfr alla previdenza integrativa. Il governo, infatti, aveva intenzione di introdurre l’obbligo di destinare il 25% del Tfr ai fondi pensione complementari, ma la Ragioneria generale dello Stato avrebbe bloccato la misura per tutelare la stabilità finanziaria dell'Inps.

Continuano inoltre le trattative tra il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, e Confindustria. Quest’ultima, infatti, sta trattando per ottenere più risorse per gli investimenti, anche a costo di rinunciare ad alcuni sgravi fiscali per le imprese. Il presidente di Confindustria, durante l'Assemblea di Assolombarda, ha evidenziato l’importanza di una riduzione dell’Ires. Tale misura, infatti, rappresenterebbe un ottimo incentivo per gli imprenditori, permettendo di compensare le perdite causate dall’eliminazione dell'Ace (Aiuto alla crescita economica), un incentivo per la capitalizzazione delle imprese.
La decisione di abolire l’Ace è stata assunta dal governo al fine di ottenere le risorse economiche necessarie a finanziare la riduzione delle aliquote Irpef, da quattro a tre scaglioni. La proposta di Confindustria, invece, prevede un abbassamento dell'Ires dal 24% a una fascia compresa tra il 19% e il 20%, per le aziende che reinvestono il 70% dei loro profitti all’interno dell’impresa. Almeno il 30% di queste risorse dovrebbe essere destinato a investimenti in tecnologie, produttività, welfare e formazione.


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