Trattasi del muro di recinzione di un edificio che delimita il perimetro (“perimetrale”) dello stesso. Secondo la Corte di Cassazione, sentenza n. 4.978 del 06/03/2007 “ I muri perimetrali dell’edificio in condominio – i quali, anche se non hanno natura e funzione di muri maestri portanti, delimitano la superficie coperta, determinano la consistenza volumetrica dell’edificio unitariamente considerato, proteggendolo dagli agenti termici e atmosferici, e ne delimitano la sagoma architettonica – sono da considerarsi comuni a tutti i condomini anche nelle parti che si trovano in corrispondenza dei piani di proprietà singola ed esclusiva e quando sono collocati in posizione, avanzata o arretrata, non coincidente con il perimetro esterno dei muri perimetrali esistenti in corrispondenza degli altri piani, come normalmente si verifica per i piani attici”.
All'art. 1102 del Codice Civile si legge: "ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso".
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 53 del 2014, ha sostenuto che “come è opinione diffusa in dottrina e nella stessa giurisprudenza di questa Corte, ai sensi dell'articolo 1102 c.c., gli interventi sul muro comune, come l'apertura di una finestra o di vedute, l'ingrandimento o lo spostamento di vedute preesistenti, la trasformazione di finestre in balconi, sono legittimi dato che tali opere, non incidono sulla destinazione del muro, bene comune ai sensi dell'articolo 1117 c.c., e sono l'espressione del legittimo uso delle parti comuni. Tuttavia, nell'esercizio di tale uso, vanno rispettati i limiti contenuti nella norma appena indicata consistenti nel non pregiudicare la stabilità e il decoro architettonico dell'edificio, nel non menomare o diminuire sensibilmente la fruizione di aria o di luce per i proprietari dei piani inferiori, nel non impedire l'esercizio concorrente di analoghi diritti degli altri condomini, nel non alterare la destinazione a cui il bene è preposto e nel rispettare i divieti di cui all'articolo 1120 c.c.".
Le condizioni, dunque, sono le seguenti:
- la garanzia della stabilità dell'edificio che deve comunque essere assicurata;
- il rispetto del decoro architettonico della struttura;
- il divieto di menomare o diminuire la fruizione di aria o di luce o di impedire l'esercizio dei diritti analoghi agli altri condomini;
- il non alterare la destinazione a cui il bene è asservito;
Con la sentenza di Cassazione, sezione seconda, 23 maggio 2007 n. 12047, sull’apertura legittima di una porta finestra che accede al lastrico solare di copertura, i giudici hanno sostenuto che “potendo le concrete modalità di godimento della cosa comune, desumibili dagli artt.1102 e 1120 c.c., assurgere a contenuto di una posizione possessoria tutelabile contro l’attività del condomino che costituisca una molestia di fatto per gli altri partecipanti alla comunione, ai fini dell’esperibilità dell’azione di manutenzione occorre che detta attività si risolva in una immutazione della situazione dei luoghi che renda incomodo o restringa a vantaggio del singolo condomino il precedente modo di esercizio del possesso degli altri. Tale condizione non si realizza quando le opere eseguite dal compossessore, oltre a non modificare la consistenza materiale del bene comune, non ne determinino neppure una modifica della destinazione, ma rispondano allo scopo di consentire da parte sua un uso dello stesso più agevole e, conseguentemente, più intenso e proficuo, senza incidere sulla possibilità degli altri condomini della antecedente pari utilizzazione".