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L'ospedale è responsabile se i medici rilevano tardivamente la recidiva di un tumore

Sanità - -
L'ospedale è responsabile se i medici rilevano tardivamente la recidiva di un tumore
Il Tribunale di Milano ha accolto la domanda risarcitoria proposta dalla figlia di un paziente deceduto a causa della recidiva di un tumore per il quale era stato operato.
Il Tribunale di Milano, con una sentenza del 01 settembre 2017, si è occupato di un altro interessante caso in materia di responsabilità medica e risarcimento del danno (artt. 1218 e 1228 c.c.).

Nel caso esaminato dal Tribunale di Milano, una donna aveva agito in giudizio nei confronti dell’Ospedale presso cui era stato ricoverato il defunto padre, al fine di veder accertata la responsabilità della struttura sanitaria per i danni da quest’ultimo subiti.

Evidenziava la donna, in particolare, che il padre era stato ricoverato e sottoposto ad un intervento chirurgico per un tumore alla vescica ma che, poi, lo stesso era stato dimesso “senza che si disponesse alcun trattamento chemioterapico né radioterapico né tantomeno si prevedesse di affidarlo ad uno specialista oncologo per la valutazione degli opportuni trattamenti terapeutici”.

Poco più di un anno dopo la dimissione, il padre si era sottoposto ad una TAC, la quale aveva riscontrato un’altra formazione tumorale, che aveva portato al decesso dell’uomo.

Ebbene, secondo la figlia, l’ospedale avrebbe dovuto essere condannato al risarcimento dei danni, dal momento che i medici avrebbero dovuto somministrare la chemioterapia al padre, al fine di scongiurare la grave recidiva del tumore, che l’aveva portato alla morte.

L’ospedale si costituiva in giudizio, contestando la domanda risarcitoria avanzata dalla donna e precisando che, nel caso di specie, la chemioterapia non era indicata, “alla luce delle condizioni cliniche del paziente ed in particolare delle gravi problematiche cardiache”.

Secondo l’ospedale, inoltre, “la terapia anche se fosse stata somministrata tempestivamente proprio per le caratteristiche di tossicità proprie e delle condizioni cliniche del paziente non avrebbe potuto sortire l’effetto indicato dalla parte attrice in termini di migliori chances di vita”.

Il Tribunale di Milano riteneva, in effetti, di dover accogliere la domanda risarcitoria svolta dalla donna.

Osservava il Tribunale, infatti, che - pur essendo vero che, nel caso in esame, la chemioterapia non avrebbe potuto essere immediatamente somministrata al paziente cardiopatico - dagli accertamenti tecnici effettuati in corso di causa, era emerso che il riscontro della recidiva del tumore era stato, effettivamente “tardivo”.

I medici, in particolare, non avevano in alcun modo “suggerito o indicato alcun controllo clinico da eseguirsi dopo la chirurgia e dopo la TAC di controllo che, se effettuato, avrebbe potuto rilevare l’insorgenza della recidiva qualche mese prima di quando poi venne riscontrata e quindi di somministrare la chemioterapia prima”.

Evidenziava il Tribunale, inoltre, che i consulenti tecnici avevano rilevato che la tardiva somministrazione della chemioterapia aveva “determinato una riduzione di chanche di sopravvivenza di alcuni mesi/anni”.

Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale di Milano accoglieva la domanda risarcitoria avanzata dalla figlia del paziente deceduto (pur riducendone l’ammontare), condannando l’ospedale anche al pagamento delle spese processuali.


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