Beh, poco importa. Che l’orsa fosse nei paraggi di casa sua non dovrebbe servire a risparmiarlo dalle accuse.
L’uomo è, infatti, indagato per il reato di cui all’art. 544 bis c.p., che scatta ogniqualvolta si cagioni la morte di un animale per crudeltà o senza che ve ne sia l’indifferibile necessità.
Il reato scatta solo se la morte è causata di proposito. Cioè con dolo. Non si è puniti invece se la morte è causata per negligenza o imprudenza. Quante volte capita per esempio che un gatto ci tagli la strada così all’improvviso e noi, non riuscendo a frenare in tempo, lo mettiamo sotto! In questo caso non commettiamo nessun reato.
Per crudeltà deve intendersi “l’inflizione all’animale di gravi sofferenze per mera brutalità”.
La necessità, invece, si verifica ogniqualvolta l’uccisione dell’animale sia inevitabile per scongiurare un pericolo imminente o per impedire l’aggravamento di un danno a sé o ad altri o ai propri beni. Il pericolo deve essere concreto e attuale. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con sentenza n. 27197/2022.
Si consideri, poi, che c’è la legge 157 del 1992 di tutela della fauna, che all’art. 30 prevede l’arresto da 3 mesi ad 1 anno e l’ammenda da euro 1032 a euro 6197 per chi abbatte, cattura o detiene esemplari di orso, stambecco, camoscio d’Abruzzo, muflone sardo.
Non dovrebbe - si diceva - servire a fargliela passare liscia la circostanza che l’animale si aggirasse nella sua proprietà. Fatto sta che gli animalisti potrebbero veder deluse le loro aspettative, così come successe, nove anni orsono (correva l’anno 2014) nell’Alto Sangro, sempre provincia dell’Aquila, quando a Pettorano sul Gizio, Antonio Centofanti prese a colpi di fucile un orso e venne per questo ritenuto responsabile ai fini civili dei reati a lui ascritti e condannato al risarcimento dei danni, oltre che al pagamento delle spese processuali del doppio grado di giudizio.
Tornando ad Amarena, lo scenario più probabile che si prospetta è quello che vede il Leombruni uscirsene vincitore sborsando poche migliaia di euro come il collega Centofanti.
Sicché, caro 544-bis: arrivederci e grazie!