Questo percorso ha avuto inizio nel 1985, con la Legge n. 47/1985, ha proseguito con la Legge n. 724/1994 e ha raggiunto il suo apice con la Legge n. 326/2003, che ha convertito il D.L. n. 269/2003.
Queste leggi, uniche nel loro genere, hanno permesso la regolarizzazione di costruzioni e opere realizzate in circostanze specifiche:
• quando sono state costruite senza le necessarie licenze o concessioni edilizie, o in difformità da queste;
• quando si sono basate su licenze o concessioni annullate, decadute o divenute inefficaci.
Questo è il contesto nel quale si inserisce il terzo condono edilizio, un capitolo fondamentale nella storia del nostro ordinamento giuridico.
Nel corso degli anni, le disposizioni legislative menzionate hanno dato origine a numerosi conflitti legali tra i proprietari di immobili da regolarizzare e le autorità locali competenti. Questi conflitti riguardavano tra l’altro il termine ultimo entro cui le costruzioni abusive dovevano essere state completate per poter beneficiare del condono edilizio.
L’art. 32, comma 25, del DL 269/2003 ha rappresentato una disposizione normativa cruciale nel contesto giuridico italiano. Questo articolo ha stabilito che il nuovo condono poteva essere applicato alle costruzioni abusive completate entro il 31 marzo 2003.
Se gli immobili sono stati completati dopo questa data non è possibile sottoporli al condono edilizio.
Per coloro che hanno il diritto di accedere a questa opportunità, è essenziale considerare una serie di fattori prima di procedere con il condono, al fine di evitare possibili complicazioni legali future.
In particolare, è importante notare che la normativa edilizia attuale, il D.P.R. n. 380/2001, noto come Testo Unico Edilizia, impone dei limiti significativi alle possibilità di sanatoria. Questo aspetto deve essere tenuto in considerazione da coloro che intendono avvalersi del condono edilizio.
La legislazione richiede di tenere in considerazione la possibilità che gli immobili da regolarizzare siano soggetti a vincolo paesaggistico. Questo vincolo è un insieme di norme che regolano la costruzione e lo sviluppo urbano in aree geografiche specifiche riconosciute come di “pregio paesaggistico”.
Tuttavia, le aree soggette a tale vincolo non devono essere considerate off-limits per il condono, a condizione che le violazioni edilizie da regolarizzare siano state commesse prima che sull'immobile fosse intervenuta l'apposizione del vincolo paesaggistico.
Nel caso in cui, invece, le violazioni edilizie siano state commesse dopo l'apposizione del vincolo, allora l'abuso edilizio può essere condonato soltanto per le violazioni che possano essere classificate come “formali”. Questa categoria include una serie di infrazioni descritte nei punti 4, 5 e 6 dell’Allegato 1 del D.L. n. 269/2003, che limitano notevolmente l’accesso alla sanatoria. Queste violazioni includono opere di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria.
Al di fuori di questi ambiti, la legittimità del condono non sarà riconosciuta se l’immobile era soggetto a vincolo paesaggistico nel momento in cui sono state commesse le violazioni edilizie.
Tuttavia, nel 2004, la Regione Lazio ha introdotto una norma molto più restrittiva, intervenendo dove la normativa nazionale era più flessibile. Si tratta della Legge regionale della Regione Lazio n. 12 del 2004, che all’articolo 3, comma 1, lettera B, prevede la non condonabilità delle opere abusive realizzate anche prima dell’applicazione del vincolo paesaggistico.
Quindi, nell'ambito della Regione Lazio, possono essere condonate soltanto le violazioni edilizie "formali", senza dare rilievo al fatto che le infrazioni siano state commesse prima o dopo l'apposizione del vincolo.
Questo aspetto è stato chiarito dalla Sentenza del 1° dicembre 2023, n. 18077 del Tar del Lazio.
Pertanto, è fondamentale per chiunque decida di accedere alla sanatoria verificare l’assenza di leggi regionali che possano integrare, in senso più vincolante, ciò che la legge nazionale ha già stabilito. È quindi importante considerare eventuali norme locali, solitamente regionali, che possono rendere più rigoroso ciò che è già stabilito dalla legge nazionale.
Un ulteriore vincolo al terzo condono edilizio riguarda la cubatura. La Cassazione, con la Sentenza n. 694/2024, ha evidenziato l’importanza di rispettare un doppio limite di cubatura:
• 750 metri cubi per ogni unità abitativa;
• 3.000 metri cubi per l’intera costruzione.
Si potrebbe pensare che - nel caso di immobili con consistenza inferiore ai 3.000 metri cubi e che quindi rispettano il secondo limite - basti suddividere l'immobile in più parti inferiori ai 750 metri cubi, così da rispettare anche il primo limite ed usufruire del condono.
Ma non è così.
Secondo la Corte di Cassazione, il limite di 750 metri cubi deve essere rispettato dall’intero complesso immobiliare, senza la possibilità di suddividerlo in più parti se l’edificio appartiene interamente alla stessa persona.
L’art. 39, comma 1, della Legge n. 724 del 1994 è stato interpretato nel senso che:
• ogni edificio deve essere considerato come un complesso unitario che fa capo a un unico soggetto legittimato a chiedere il condono;
• le richieste di condono presentate in relazione alle singole unità che compongono l’edificio devono riferirsi a un'unica concessione in sanatoria, che riguarda l'immobile nella sua totalità.
Questo perché la norma mira a prevenire l’elusione del limite legale di consistenza dell’opera per la concedibilità della sanatoria, considerando l’intero complesso edificatorio invece delle singole parti.
In sostanza, non è ammissibile il condono edilizio di una costruzione interamente abusiva quando la richiesta di sanatoria sia presentata suddividendo l’unità immobiliare in più parti.
Il riferimento oggettivo all’unicità della costruzione interamente abusiva impedisce che il limite di 750 metri cubi possa essere aggirato mediante la suddivisione delle sue singole parti, altrimenti si eluderebbe l’obiettivo della legge, che era (ed è) quello di sanare abusi di modesta entità.
In termini più precisi, per quanto riguarda il terzo condono edilizio, ogni edificio deve essere considerato come un’entità unitaria se appartiene ad un unico soggetto autorizzato a presentare la domanda di condono. Di conseguenza, eventuali singole richieste presentate in relazione alle diverse unità che compongono l’edificio devono riferirsi a una singola concessione in sanatoria, al fine di evitare l’elusione del limite legale di consistenza dell’opera.
In conclusione, l’approccio al terzo condono edilizio è un percorso complesso, ricco di sfumature e dettagli da esaminare attentamente. Prima di intraprendere questo percorso, è essenziale prendere in considerazione una serie di aspetti per determinare se si è idonei a beneficiare delle disposizioni di sanatoria.