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Medico che non controlla il corretto funzionamento dei macchinari è responsabile del danno causato al paziente

Medico che non controlla il corretto funzionamento dei macchinari è responsabile del danno causato al paziente
Se per effettuare la propria prestazione deve servirsi di strumenti tecnici e macchinari, il sanitario è tenuto a verificarne il corretto funzionamento prima di farne uso.

La Corte di Cassazione si è di recente occupata di un interessante caso in materia di responsabilità medica e risarcimento del danno (Corte di Cassazione, sent. n. 27448/2018).

Un paziente veniva sottoposto ad un intervento chirurgico-estetico di mastoplastica additiva finalizzato al mutamento del sesso, in una clinica privata ma, nel corso dell’operazione, si risvegliava.

Affermava, infatti, che il medico anestesista non aveva adottato i metodi più adeguati di monitoraggio della fase di sedazione e, pertanto, chiedeva in giudizio il ristoro dei danni subiti a causa di tale condotta.

Si difendeva l’anestesista sostenendo l’assenza di colpa, in quanto il risveglio durante l’intervento chirurgico in esame era dipeso da un malfunzionamento del macchinario.

Il Tribunale, in primo grado, respingeva la domanda proposta, evidenziando che il nesso di causalità tra la condotta tenuta dal sanitario e la verificazione del danno non era stato provato agli atti del giudizio.

La Corte d’Appello, di contro, accoglieva la domanda, ritenendo provato tale nesso sulla base del criterio utilizzato in sede civile del “più probabile che non” per cui emergeva dagli atti di causa, che la verificazione del danno era dipesa da un errore umano.

Osservava la Corte di Cassazione che non è sufficiente, per dimostrare l’assenza di colpa, sostenere che il danno sia dipeso da un non corretto funzionamento del macchinario impiegato.

Infatti, il medico deve provare di aver adottato, prima di procedere, adeguati ed appropriati metodi di controllo della profondità della sedazione e, se si sia avvalso di macchinari, di averne verificato il corretto funzionamento.

La responsabilità della clinica privata in qualità di custode, non vale, pertanto, ad escludere quella del sanitario che ha omesso di controllare gli strumenti utilizzati, ponendosi in una condizione di colpa.

La materia rientra nell'ambito della responsabilità da inadempimento contrattuale di cui all'art.1218 c.c. e, in tali giudizi, in base a quanto osservato a più riprese dalla giurisprudenza, il creditore - in questo caso il paziente - non deve provare la colpa del medico. A quest’ultimo, infatti, spetterà il compito di dimostrare l’assenza di colpa.

Il paziente, non sarà esonerato, però, dalla prova dell’esistenza di un nesso di causalità tra la condotta posta in essere dal sanitario e le conseguenze dannose subite.

Si tratta di due distinti accertamenti, quello relativo alla colpa del responsabile e, come detto, quello sul nesso di causalità. Per cui, se anche risulta provata la colpa, non è detto automaticamente che il danno sia derivato proprio dalla condotta tenuta dal medico. E’ sufficiente, infatti, la mancata prova di tale nesso a provocare il rigetto della domanda proposta dal paziente per ottenere il risarcimento del danno subito.



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