Ed ecco che la signora, esasperata e stanca, decide di ricorrere a un giudice pur di sfrattare da casa i due “bamboccioni”. Il Tribunale di Pavia le dà ragione: i due figli, rispettivamente di 40 e 45 anni dovranno lasciare l’abitazione materna entro il prossimo 18 dicembre.
Per decidere il Tribunale ha considerato sia l’età dei due figli, ormai adulti, sia il fatto che entrambi avessero un lavoro per potersi mantenere autonomamente. Più precisamente, nella sentenza emessa dal giudice si legge che, se "la permanenza nell'immobile agli inizi poteva ritenersi fondata", in quanto basata "sull'obbligo di mantenimento gravante sulla genitrice, non appare oggi più giustificabile", in quanto "i due resistenti sono soggetti ultraquarantenni".
Fino a quando i genitori hanno l’obbligo di mantenere i figli?
Innanzitutto, i genitori – come sostengono gli artt. 30 della nostra Costituzione e gli artt. 147 e 148 c.c. – hanno il dovere, fin dalla nascita del proprio figlio, di educarlo, istruirlo, tenendo conto delle sue aspirazioni e inclinazioni e infine mantenerlo, in proporzione alle proprie possibilità economiche e capacità di lavoro professionale o casalingo. Ma questo obbligo può durare all’infinito? Ovviamente no.
La Cassazione sostiene da tempo che, in realtà, il dovere dei genitori non cessa automaticamente alla maggiore età. L’obbligo del mantenimento si interrompe solo al raggiungimento della indipendenza economica del figlio.
Ciò significa che il ragazzo, ormai maturo, deve aver raggiunto una indipendenza tale da renderlo autonomo e in grado di provvedere ai propri bisogni personali, senza dover ricorrere al supporto economico della propria famiglia.
Quindi, il suo diritto continua solo fino a quando dimostri di non essere riuscito a trovare un impiego, pur se non perfettamente corrispondente alle sue aspirazioni.
E se il giovane è iscritto all’università? Se il ragazzo ha intrapreso un percorso di studio, occorre dargli l’opportunità di terminare con serenità gli studi e, una volta concluso il percorso, bisognerà ancora supportarlo per il tempo sufficiente affinché riesca a trovare un’occupazione.
Al contrario, se non ha alcuna intenzione di proseguire con gli studi o se ha terminato l’università da tempo e non trova lavoro, non potrà addebitare la colpa della propria inoccupazione alle condizioni di mercato: dopo un certo periodo di inattività, gli potrà essere negato il mantenimento economico. Questo è quello che sostiene la Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 2344/2023.
Sebbene non vi sia un’età anagrafica da cui si fa decorrere la perdita del diritto al mantenimento, diverse pronunce di legittimità hanno stimato una soglia intorno ai 30/35 anni, a seconda del percorso di studi intrapreso. In altri termini, secondo i giudici di Cassazione, dopo tale soglia si presume che la disoccupazione dipenda unicamente dall’inerzia colposa del ragazzo.
In questo caso, mamma e papà dovranno provare che il loro ragazzo è ormai autosufficiente, oppure che lo stesso non si è impegnato attivamente per la ricerca di un’occupazione o che, in ogni caso, il mancato impiego dipenda da colpa solo del figlio.