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Se il figlio maggiorenne ha finito la scuola e può andare a lavorare l'assegno di mantenimento può essere ridotto

Famiglia - -
Se il figlio maggiorenne ha finito la scuola e può andare a lavorare l'assegno di mantenimento può essere ridotto
La Corte di Cassazione è recentemente intervenuta con una nuova sentenza in materia di assegno di mantenimento nei confronti dei figli maggiorenni ma non economicamente autosufficienti.

Come noto, infatti, in sede di separazione e divorzio, il giudice, nel pronunciare la propria sentenza, deve anche adottare i provvedimenti che ritiene più opportuni, nell’interesse prevalente dei figli minori (art. 155 del c.c.).
In particolare, il Giudice può porre a carico di uno dei coniugi, in favore dell’altro, il pagamento di un assegno mensile, a titolo di contributo nel mantenimento del coniuge stesso e dei figli, in proporzione alle condizioni economico-patrimoniali dei coniugi stessi.

Va, peraltro, precisato, che il diritto all’assegno di mantenimento non sussiste in ogni ipotesi di separazione, in quanto, se la separazione viene pronunciata “con addebito”, il coniuge ritenuto responsabile di aver causato, con il suo comportamento, il fallimento del matrimonio, non potrà vedersi riconosciuto il diritto al mantenimento, indipendentemente dalle sue condizioni economiche (art. 156 del c.c.).

Ebbene, va osservato che, in caso di divorzio o di separazione pronunciata senza addebito, l’assegno di mantenimento può essere posto a carico del genitore in favore dell’altro, non solo per il mantenimento dei figli minorenni ma anche per il mantenimento dei figli che abbiano già raggiunto la maggiore età.

Infatti, l’obbligo di mantenimento dei genitori nei confronti dei figli, non cessa nel momento in cui questi raggiungano la maggiore età, essendo necessario che gli stessi abbiano raggiunto l’indipendenza economica e possano dirsi economicamente autosufficienti.

Quindi, se i figli maggiorenni non sono economicamente autosufficienti e non sono nemmeno nelle condizioni concrete per poter procurarsi un lavoro che garantisca loro la percezione di un reddito, i genitori non potranno sottrarsi all’obbligo di mantenimento.

Nel caso esaminato dalla Corte, con la sentenza n. 7168 del 2016, il marito, in sede di divorzio, era stato condannato a corrispondere in favore della moglie, un assegno mensile a titolo di contributo nel mantenimento del figlio.

Il marito, tuttavia, si era opposto a tale determinazione e, nel secondo grado del giudizio, la Corte d’Appello aveva ridotto l’importo dell’assegno stesso.

Giunti al terzo grado di giudizio, il marito rileva come la Corte d’Appello non avesse tenuto in adeguata considerazione né il peggioramento delle sue condizioni economiche né il fatto che il figlio aveva raggiunto la maggiore età e aveva ultimato la scuola per intagliatore di legno, con la conseguenza che era ora in grado di svolgere un’attività lavorativa presso qualche laboratorio artigiano.

La Corte di Cassazione ritiene di dover accogliere, almeno in parte, le considerazioni svolte dal ricorrente, in particolare per quanto riguarda le censure sollevate in merito alla raggiunta indipendenza economica del figlio divenuto maggiorenne.
Infatti, la Cassazione osserva come la condizione di indipendenza economica “si verifica con la percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita ovvero quando il figlio, divenuto maggiorenne, è stato posto nelle concrete condizioni per potere essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta”.

Dunque, secondo la Cassazione, il fatto che il figlio fosse diventato maggiorenne e avesse terminato gli studi, essendo, quindi, in grado di trovare un lavoro e di mantenersi autonomamente, deve essere tenuto in considerazione, anche se ciò non può comportare la revoca integrale dell’assegno, dal momento che le potenzialità reddituali del figlio sono ancora basse.

In definitiva la Corte ritiene che la situazione del figlio giustifichi “il permanere dell’assegno sia pure in misura minore rispetto a quella stabilita nel primo grado di giudizio”.


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