In questi casi, secondo la Suprema Corte, il licenziamento del dirigente è legittimo non per errore operativo, ma per perdita di fiducia dovuta a carenza di supervisione.
La vicenda: perdita di un appalto e licenziamento del dirigente
Tutto nasce da una gara d’appalto internazionale andata male. L’azienda aveva affidato la preparazione dell’offerta a un dirigente di alto livello, incaricato di redigere la proposta tecnica ed economica. Dopo la perdita della commessa, l’impresa lo ha accusato di carenza di vigilanza e di una gestione superficiale del progetto, in quanto non avrebbe condotto un’istruttoria adeguata, avrebbe sottostimato tempi e costi e, addirittura, non avrebbe curato la traduzione di documenti fondamentali. Tali omissioni sono culminate nel licenziamento del manager. Quest’ultimo ha impugnato il provvedimento, sostenendo di essere stato punito per errori non suoi, ma del team. Tuttavia, la Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento.
Cassazione 26609/2025: la differenza tra giusta causa e giustificatezza nel licenziamento del dirigente
Secondo la Cassazione è fondamentale distinguere tra licenziamento per giusta causa e licenziamento per giustificatezza. Nel primo caso, previsto dall’art. 2119 del c.c., serve una colpa grave del dirigente, tale da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto. Nel secondo, invece, si valuta la rottura del rapporto fiduciario tra datore e dirigente.
Nel caso concreto, la Corte ha escluso la giusta causa, poiché la perdita dell’appalto non era dovuta esclusivamente al comportamento del manager. Tuttavia, la condotta del dirigente, caratterizzata da una gestione superficiale e da un insufficiente monitoraggio del team, è stata ritenuta sufficiente a giustificare la risoluzione del rapporto per “giustificatezza”.
Quando il dirigente risponde anche per gli errori del team
La Corte di Cassazione ha affermato che la responsabilità del dirigente non si misura sulla base di ciò che fanno gli altri, ma di ciò che egli omette di fare. Il manager, infatti, non svolge la mera funzione di coordinatore, ma è anche il garante del corretto funzionamento del gruppo di lavoro che dirige.
Nel caso di specie, al dirigente non era imputabile un singolo errore tecnico, bensì una carenza complessiva in termini di guida e controllo. Egli aveva “fatto proprie” le attività del suo team, senza assicurarsi che fossero condotte con la perizia richiesta dal suo ruolo apicale. In altre parole, non ha esercitato il dovere di vigilanza e direzione che costituisce il nucleo della funzione dirigenziale.
Licenziamento per perdita di fiducia
Per la Cassazione, la giustificatezza non presuppone un elenco preciso di inadempienze, essendo sufficiente una valutazione complessiva della condotta. Se il comportamento del dirigente è tale da incrinare definitivamente la fiducia che il datore ripone in lui, il licenziamento è legittimo.
Questa impostazione riflette la natura del rapporto di lavoro dirigenziale, fondato su autonomia decisionale, poteri gestionali e un elevato grado di responsabilità. Proprio per questo, quando la fiducia viene meno, anche a causa di imperizia o scarsa vigilanza, l’azienda può legittimamente decidere di interrompere la collaborazione.
La pronuncia della Cassazione 26609/2025 rappresenta un punto fermo nel diritto del lavoro, ribadendo che il licenziamento del dirigente può essere legittimo anche senza colpa diretta, quando viene meno la fiducia su cui si fonda ogni rapporto di lavoro dirigenziale.