La vicenda posta al vaglio della Cassazione concerneva un’impresa tessile di Prato nella quale, a seguito di un
incendio in un capannone industriale, avevano perso la vita sette
operai.
La
società immobiliare, proprietaria e locatrice del capannone, era stata citata in
giudizio per il
reato di cui all’art.
449 c.p., perché accusata di aver concesso in
locazione il capannone all’impresa tessile, consapevole che al suo interno erano stati realizzati
abusivamente dei locali dormitorio grazie ai quali era così possibile un
uso promiscuo abitativo ed industriale dell’immobile.
Il
Tribunale condannava gli imputati, i quali proponevano
appello. La Corte di Appello di Firenze, dopo aver accertato che la
costruzione abusiva dei dormitori fosse avvenuta ad opera del titolare dell’impresa tessile, aveva rilevato che tali strutture avevano di fatto
ostacolato la fuga degli operai e quindi contribuito a causarne il decesso.
Secondo la Corte d’appello era possibile riscontrare, oltre alla
responsabilità del
datore di lavoro, anche una responsabilità a titolo di colpa del
locatore, essendo quest’ultimo titolare di una
posizione di garanzia, per non aver impedito ai conduttori la costruzione dei dormitori in un
locale privo di uscite di sicurezza.
La posizione di garanzia della società locatrice deriverebbe dagli
obblighi scaturenti dal contratto di locazione ai sensi dell’art.
1575 c.c., il quale prevede che il locatore debba tenere indenne il conduttore dai danni causati dalla cosa locata.
La posizione di garanzia, nei reati omissivi impropri, è disciplinata al comma 2 dell’art.
40 c.p., laddove è previsto che
“non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.
La società locatrice ha così proposto
ricorso in Cassazione, la quale, con la
sentenza n. 40259/2019, ha accolto il ricorso.
La Suprema Corte ha rilevato che
“l’area di rischio governabile dal locatore, rispetto alla quale può affermarsi che egli rivesta una posizione di garanzia, è quella delineata dagli obblighi a lui facenti capo di cui agli artt. 1575 e 1580 c.c.” (ossia consegnare il
bene in buono stato e privo di
vizi che siano in grado di compromettere l’incolumità del conduttore e dei terzi che lo utilizzano) e che è
“con la consegna materiale del bene che si delinea in capo al locatore il dovere di sicurezza in relazione all’area di rischio dal medesimo governabile e cioè in relazione alle caratteristiche strutturali dell’immobile, restando escluse sia la sua conformità all’attività da svolgervi che le trasformazioni o addizioni successive apportate dal conduttore”.
L’onere di verificare la sussistenza delle necessarie caratteristiche tecniche ed antinfortunistiche dei locali, nonché l’onere di richiedere gli eventuali titoli amministrativi idonei ad una futura modifica, secondo la Corte, incombono sul conduttore, salva diversa previsione contrattuale. Allo stesso modo, anche la responsabilità per i rischi derivanti da modifiche del bene effettuate nel corso del rapporto grava sul conduttore.
Pertanto, dal momento che il bene non era mai rientrato, nel corso del rapporto di locazione, nell’effettiva disponibilità del locatore, non era possibile individuare in capo a quest’ultimo nessuna posizione di garanzia.
La circostanza che la società locatrice conoscesse o meno le modifiche apportate dal conduttore alla cosa locata è, secondo la Corte, indifferente, dato che in nessun caso sarebbe possibile estendere al locatore alcuno degli obblighi propri del datore di lavoro, rimanendo a suo carico solamente quelli derivanti dal contratto di locazione o dalla legge.
Dunque, quando il conduttore-datore di lavoro viola le norme di
sicurezza sul lavoro non può dirsi incombere anche sul locatore una posizione di garanzia. Alla luce delle motivazioni sin qui esposte, la Cassazione ha accolto il ricorso e rinviato la sentenza alla Corte d’appello.