Nel caso esaminato dalla Cassazione, i proprietari di un appartamento avevano agito in giudizio nei confronti della ditta che aveva provveduto a costruire la canna fumaria, al fine di ottenere la condanna della stessa al risarcimento dei danni subiti a seguito di un incendio che si era sviluppato nel loro appartamento, proprio a causa della cattiva posa in opera della canna fumaria stessa.
Il Tribunale di Varese, pronunciatosi in primo grado, aveva rigettato la domanda risarcitoria ma la Corte d’appello di Milano aveva riformato tale decisione, con la conseguenza che la ditta di costruzioni aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo la ricorrente, in particolare, la Corte d’appello non avrebbe dato corretta applicazione agli artt. 1669 e 2697 c.c., non avendo la stessa considerato che, quando la ditta era stata informata del sinistro, i proprietari dell’appartamento avevano già provveduto ad eseguire i lavori di ripristino, con la conseguenza che alla stessa era stato “materialmente impedito di svolgere accertamenti allo scopo di fornire la prova contraria alla presunzione semplice di colpa sulla medesima gravante”.
Secondo la ricorrente, inoltre, la Corte d’appello avrebbe erroneamente attribuito “rilevanza probatoria privilegiata al verbale dei Vigili del Fuoco ed al preventivo delle imprese che aveva sostituito la tubatura”, senza tenere in considerazione il fatto che “l'individuazione del punto d'innesco presupponeva riscontri obiettivi e valutazioni scientifiche (…) e che il preventivo dell'impresa non era il frutto di una approfondita indagine”.
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover dar ragione alla ditta che aveva costruito la canna fumaria, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
Osservava la Cassazione, in particolare, che la sentenza impugnata aveva, effettivamente, affermato che il verbale dei vigili del fuoco aveva espresso in forma sintetica una valutazione tecnica (affermando che la canna fumaria era ‘isolata male’) e che tale rilievo oggettivo, “in quanto relativo a fenomeni caduti sotto i sensi del pubblico ufficiale verbalizzante”, era “assistito da fede privilegiata ex art. 2700 cod. civ.” ed era, per il suo contenuto, “più che sufficiente radicare il contrapposto onere probatorio (...) gravante sull'appaltatore”.
Ebbene, secondo la Cassazione, la conclusione della Corte d’appello non poteva dirsi corretta, in quanto, “il verbale redatto dei Vigili del fuoco è dotato di fede privilegiata solo riguardo ai fatti caduti sotto l'immediata osservazione degli operanti e delle attività da questi compiute, valendo nel resto quale strumento probatorio liberamente apprezzabile dal giudice, in correlazione con le emergenze probatorie di causa”.
Poiché, dunque, nel caso di specie, l’incendio non si era verificato “sotto l’immediata osservazione” dei Vigili del Fuoco (i quali erano sopraggiunti solo dopo che l’incendio si era sviluppato), il relativo verbale non poteva, secondo la Cassazione, considerarsi assistito da “fede privilegata”, ai sensi dell’art. 2700 c.c. e la Corte d’appello avrebbe dovuto procedere ad una valutazione critica dello stesso.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dalla ditta costruttrice della canna fumaria, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello, affinché la medesima decidesse nuovamente sulla questione, sulla base dei principi sopra enunciati.