La Cassazione interviene nuovamente sul tema della subordinazione in ambito giornalistico, dichiarando che sussiste subordinazione tutte le volte che emerge un patto in forza del quale il datore di lavoro può fare affidamento sulla continua disponibilità del giornalista, senza necessità di contattarlo di volta in volta.
La fattispecie in esame prende avvio dalla richiesta di accertamento dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e mansioni di redattrice con la RAI Radiotelevisione italiana s.p.a., nonché la richiesta di pagamento delle differenze retributive e alla regolarizzazione contributiva. La giornalista affermava che, pur avendo lavorato formalmente sulla base di contratti di collaborazione professionale, aveva osservato un orario stabile di 7 ore al giorno per 5 giorni alla settimana ed era soggetta alle direttive del proprio superiore.
La Corte d'Appello aveva accolto parzialmente il gravame: aveva confermato che veniva in particolare rilievo l'inserimento continuativo ed organico della lavoratrice nell'organizzazione RAI. Ciò comportava la condanna della RAI al ripristino del rapporto di lavoro e al pagamento delle differenze retributive in ragione dell'inquadramento come lavoratrice subordinata. Veniva, inoltre, riconosciuta una indennità risarcitoria quantificata in sei mensilità dall'ultima retribuzione globale di fatto. Contro tale statuizione, la RAI propone ricorso avanti la Corte di Cassazione, lamentando essenzialmente l'errata qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato. Non erano stati, inoltre, tenuti in considerazione i contratti di collaborazioni esterne intrattenute dalla giornalista.
La sentenza 14 luglio 2021, n. 20099 della Cassazione ha sottolineato che la subordinazione si connota in particolar modo per l'assoggettamento
- al potere direttivo
- disciplinare
- e di controllo del datore di lavoro.
Inoltre, per quanto riguarda la natura professionale ed intellettuale, questo tipo di rapporto deve essere sottoposto ad una valutazione complessiva, per cui la libertà di movimento, la libertà di orario e la retribuzione parametrata alle singole prestazioni non escludono la delineazione di un rapporto subordinato in ambito giornalistico, anche se in presenza di contratti di collaborazione ripetuti nel tempo ad intervalli di tempo regolari. Il discrimine tra la prestazione di lavoro subordinato e quella di lavoro autonomo risiede proprio nell'essere rimasta a disposizione del datore di lavoro tra una prestazione e l'altra.
Un ulteriore aspetto sottolineato riguardava la qualifica della figura di redattore. Si contestava, infatti, la mancanza, in capo alla lavoratrice, di un potere di rielaborazione autonoma dei materiali. Gli Ermellini si sono discostati da questa posizione e hanno ripreso il principio consolidato secondo cui tale qualifica si caratterizza per l'inserimento nell'organizzazione e programmazione necessaria per la formazione del prodotto finale, quindi anche se in presenza di revisioni da parte di terzi. La ricorrente, per l'appunto, redigeva articoli che le venivano assegnati sulla base delle indicazioni del proprio capo redattore e nel rispetto della programmazione dell'azienda.
Alla luce dei principi esposti, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato da RAI Radiotelevisione italiana s.p.a. e affermato nuovamente il vincolo di subordinazione anche per mansioni di carattere prevalentemente intellettuale e creativo come è quella del giornalista.