Ad essi era stata addebitata la responsabilità per la morte di un minore privo di adeguata esperienza, il quale, mentre percorreva con lo slittino il tracciato della pista, nella parte rettilinea sprovvista di protezione laterale, precipitava sul pendio lato-valle, subendo lesioni mortali. Tale pronuncia, poi appellata, veniva confermata dalla Corte di Appello di Trento. Avverso la sentenza di secondo grado si proponeva ricorso per Cassazione, il cui parziale accoglimento permetteva al giudice del rinvio, in diversa composizione, una nuova pronuncia, sulla base dei principi di diritto elaborati dalla Corte di legittimità.
La Corte di appello di Trento confermava, ad ogni modo, la responsabilità dell’amministratore-imputato per il reato ascrittogli. Quest’ultimo proponeva nuovamente ricorso per Cassazione, denunciando la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) del Codice di procedura penale, e la violazione dell’obbligo di uniformarsi alla pronuncia rescindente.
Il giudice del rinvio, secondo tale ricostruzione, pur affermando la sussistenza, a favore del delegato, di autonomia di spesa e delle cognizioni tecniche necessarie per lo svolgimento dell’incarico, avrebbe omesso (come caldeggiato nella precedente pronuncia della Cassazione) di identificare il rischio effettivamente esistente e se questo fosse afferente all’organizzazione dell’attività del delegato. Ancora, si sarebbe sancita la responsabilità dell’amministratore quale culpa in vigilando, in assenza, tuttavia, di una verifica sulla possibile autonoma eliminazione del rischio da parte del direttore tecnico (eliminazione difatti ritenuta possibile dal ricorrente).
Il Supremo Consesso ha ritenuto il ricorso infondato.
Si è, innanzitutto, precisato che, pur ravvisandosi una condotta rimproverabile in capo al responsabile per la sicurezza della pista di slittino per la morte del minore, responsabile in possesso, peraltro, di adeguate competenze tecniche e di valida delega (che prevedeva il conferimento di sufficienti risorse per le spese ordinarie relative alla manutenzione della pista), il giudice del merito abbia anche sancito la responsabilità dell’amministratore quale destinatario di una posizione di garanzia.
Quest’ultima è articolata su due punti: la sottovalutazione del rischio nascente dalla pericolosità della pista e l’assenza di interventi sostitutivi su quella stessa pista in seguito a precedenti incidenti occorsi, come emerso dai fatti di causa.
Detta impostazione è stata ritenuta pienamente corretta dalla Corte di Cassazione.
È stato, difatti, rilevato, quanto al primo profilo colposo (sottovalutazione del rischio) che l’imputato, in qualità di gestore, non avesse debitamente valutato i rischi esistenti prima di permettere l’apertura al pubblico della pista. Tale obbligo si rinviene nell’art. 3, l. n. 363/2003, secondo cui “i gestori hanno l’obbligo di proteggere gli utenti da ostacoli presenti lungo le piste mediante l’utilizzo di adeguata protezione degli stessi e segnalazioni della situazione di pericolo”. Obbligo che impone una naturale valutazione dello stato dei luoghi e delle caratteristiche intrinseche della pista.
Tale (originaria) valutazione inerente ai rischi “è adempimento doveroso e non delegabile”; ciò sulla base della norma di cui all’art. 17, co. 1, lett. a), D. lgs. 81/2008 che, ancorchè previsto in tema di sicurezza dei luoghi di lavoro, è applicabile analogicamente alla fattispecie concreta, attese l’identità di ratio ed i pericoli nascenti dalla messa in esercizio di una pista di slittino.
La Corte ha, dunque, affermato il seguente principio: “Il gestore di una pista di slittino ha l’obbligo, non delegabile, di valutare tutti i rischi connessi all’esercizio della pista medesima, sicchè egli risponde, a titolo di colpa, della morte di un utente della pista, deceduto a causa di un incidente provocato da una situazione di pericolo- quale l’uscita dal tracciato a causa del fondo ghiacciato e lo schianto contro un ostacolo ubicato nelle immediate vicinanze- che non era stato valutato dal gestore medesimo prima della messa in esercizio della pista”. Ancora, nel caso di specie, è stato ritenuto rilevante l’ulteriore profilo colposo relativo all’assenza di interventi sostitutivi da parte del gestore, che non aveva provveduto a sopperire alla colpevole inerzia del delegato.
La Corte, in particolare, nel ricordare l’applicabilità al caso concreto, stante l’identità di ratio, della Cass. n. 14915/2019, asserisce che: “nell’ambito degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro può assolvere all’obbligo di vigilanza sull’osservanza delle misure di prevenzione adottate attraverso la preposizione di soggetti a ciò deputati e la previsione di procedure che assicurino la conoscenza da parte sua delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete modalità esecutive, in modo da garantire la persistente efficacia delle misure di prevenzione scelte a seguito della valutazione dei rischi”.