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Genitori divorziati, la casa va ai figli, devono alternarsi papà e mamma: ecco la nuova sentenza che rivoluziona tutto

Genitori divorziati, la casa va ai figli, devono alternarsi papà e mamma: ecco la nuova sentenza che rivoluziona tutto
Questa la decisione del Tribunale Ordinario di Cuneo, confermata dalla Corte d’Appello di Torino. Un notevole cambiamento in materia di separazioni e divorzi, che mette al primo posto l’interesse dei figli minori
Quando per i coniugi non è più possibile ristabilire la comunione spirituale e materiale, l’unica strada è quella di sciogliere gli effetti civili del matrimonio con una sentenza di divorzio. In questo caso, la prassi giurisprudenziale ha sempre visto assegnare la casa adibita ad abitazione familiare al genitore presso cui sono collocati i figli minori.

L’orientamento di cui si è appena parlato, ormai consolidato negli anni come unica alternativa disponibile, oggi si affianca ad una nuova possibilità, del tutto inedita: la casa può essere assegnata ai figli minori, con conseguente obbligo dei genitori di alternare la loro presenza nella casa familiare nei giorni in cui è previsto stiano con i figli.

A rendere possibile tale rivoluzionaria ipotesi è stata una sentenza del Tribunale di Cuneo, confermata in appello dalla Corte d’Appello di Torino, che istituisce un importante spartiacque tra quanto si è fatto in passato e quello che, invece, sarà possibile mettere in pratica d’ora in poi.
La recente decisione dei giudici si sviluppa sulla scia di quanto già precedentemente affermato dalla Corte di cassazione nel 2023, la quale aveva previsto la possibilità di affidare la casa familiare ai figli minori, in un giudizio intrapreso dai genitori al termine della loro convivenza more uxorio.

Nel caso che qui ci interessa, invece, poiché entrambi i genitori possedevano altri immobili ad uso abitativo, il Tribunale prima e la Corte d’Appello dopo hanno stabilito che la casa resterà assegnata ai figli, i quali non saranno più costretti a cambiare posto ogni settimana per poter vedere entrambi i genitori, mentre gli ex coniugi dovranno alternare la propria presenza nell’abitazione familiare, al fine di tutelare l’interesse dei minori. Gli stessi, infatti, potranno passare gli altri giorni nelle rispettive altre abitazioni di proprietà.
Secondo i giudici, inoltre, qualora i genitori non dovessero apprezzare la permanenza nelle altre case, potranno comunque metterle a frutto ed utilizzarne i proventi (come eventuali canoni di locazione) per scegliere altri appartamenti.

Ricordiamo, a tal proposito, che l’ordinamento italiano – oltre a quello internazionale – tutela fortemente l’interesse del minore, posto che nei giudizi che coinvolgono dei minorenni, il loro interesse è sempre quello preminente rispetto a tutti gli altri interessi coinvolti e, di conseguenza, tutte le decisioni devono essere compatibili con questo fondamentale principio. Pertanto, la decisione si pone in un’ottica del tutto allineata con tale principio, evitando che i figli piccoli possano essere turbati, oltre che dalla fine del matrimonio dei propri genitori, anche da un ambiente circostante in costante cambiamento.

Va precisato, tuttavia, che una simile decisione da parte dei giudici è possibile solo quando vi sia una seria e concordata organizzazione tra i genitori, che sia proprio orientata ad alternarsi nell’abitazione familiare per tutelare il benessere dei propri figli. Questo particolare è evidenziato proprio dalla Corte di cassazione, nell’ordinanza n. 6810/2023, la decisione apripista per questo tipo di situazioni.

Quando vi è una forte conflittualità tra i genitori, infatti, l’organizzazione pratica potrebbe diventare impossibile, posto che essi dovranno incontrarsi almeno due volte a settimana, per il “passaggio del testimone”, ossia il momento dell’effettivo cambio di turno, ammesso che sia giusto definire “turno” il momento di stare con i propri figli.

Nel caso che qui ci occupa i genitori, seppur molto conflittuali (la donna aveva denunciato l’uomo per maltrattamenti in famiglia), si sono dimostrati disponibili ad accordarsi nelle decisioni riguardanti il benessere delle figlie minori. Inoltre, sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno entrambi ravvisato un forte attaccamento delle figlie sia al padre che alla madre, constatando che entrambe le figure erano ugualmente partecipi nella vita delle minori: sono stati questi gli elementi che hanno condotto ad una decisione che oggi appare come rivoluzionaria, in quanto fortemente discostata da una prassi finora molto diversa.

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