Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Roma aveva confermato la sentenza con cui il Tribunale della stessa città aveva ritenuto un soggetto responsabile del reato di furto aggravato, di cui agli artt. 624 e 625 c.p.
Nello specifico, l’imputato era stato accusato di aver commesso tale reato, in quanto questi si sarebbe “impossessato di tre bottiglie di champagne esposte nel supermercato”, nascondendole in una borsa e non pagandole.
Ritenendo la decisione ingiusta, l’imputato aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo l’imputato, in particolare, il fatto contestato avrebbe dovuto essere riqualificato in “furto tentato” e non consumato, in quanto, dagli accertamenti effettuati in corso di causa, era emerso “che il personale del supermercato aveva sorvegliato tutte le fasi della condotta furtiva posta in essere dal S., in modo da poterla interrompere in ogni momento”.
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di poter dar ragione all’imputato, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
Osservava la Cassazione, infatti, che le Sezioni Unite della stessa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 52117 del 2014, hanno precisato che, in caso di furto al supermercato, se l’azione furtiva viene monitorata dal personale addetto, il delitto di furto non può considerarsi consumato ma solo tentato, in quanto il soggetto agente non ha conseguito, “neppure momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva”, che non è mai uscita dalla sfera di vigilanza del personale del supermercato.
Secondo la Cassazione, dunque, “non può parlarsi correttamente quindi di furto consumato quando la cosa mobile non è uscita definitivamente dalla sfera di vigilanza del soggetto passivo”.
Ebbene, poiché, nel caso di specie, era stato accertato che, effettivamente, il personale del supermercato aveva costantemente tenuto sott’occhio la condotta dell’imputato, la Cassazione riteneva che il delitto di furto fosse stato solo “tentato” e non “consumato”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dall’imputato e, dopo aver qualificato il fatto contestato come “reato di furto tentato”, annullava la sentenza impugnata, rideterminando, altresì, la pena da applicare al ricorrente.