La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 1448/2020, ha stabilito che non si può considerare economicamente indipendente la figlia che ha conseguito una borsa di studio pari ad 800 euro, con la conseguenza che, di fronte ad una tale situazione, non viene meno l’obbligo di mantenimento gravante sul padre.
La vicenda da cui ha tratto origine tale pronuncia vedeva protagonista un padre a cui il Tribunale, prima, e la Corte d’Appello, poi, avevano addebitato la separazione coniugale, stabilendo a suo carico l’obbligo di corrispondere un assegno pari a 650 euro mensili in favore della moglie e della prole a titolo di mantenimento.
L’uomo, parte soccombente nel giudizio di merito, proponeva ricorso in Cassazione, impugnando l’addebito della separazione unitamente al mancato accoglimento della sua domanda di addebito della stessa alla moglie, nonché l’obbligo, stabilito a suo carico, di provvedere mensilmente al mantenimento della moglie e delle figlie, evidenziando come la maggiore di esse avesse ormai raggiunto l'indipendenza economica percependo 800 euro mensili a titolo di borsa di studio, andando, peraltro, a vivere in un’altra città.
La Suprema Corte ha tuttavia rigettato il ricorso, ritenendo i motivi di gravame proposti inammissibili e infondati.
Avendo riguardo, in particolare, alla questione del mantenimento della prole, i giudici di legittimità hanno ritenuto inammissibile e infondato il relativo motivo di ricorso. La Corte di Cassazione, a tal proposito, ha ribadito il principio di diritto da essa già più volte affermato in base a cui “l’obbligo del genitore separato di concorrere al mantenimento del figlio non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età da parte di quest’ultimo, ma perdura finché il genitore interessato non dia prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica”.
Sulla scorta di tale principio, la stessa Suprema Corte, in merito alla fattispecie concreta, ha stabilito che “Il raggiungimento di detta indipendenza non è dimostrato dal mero conseguimento di una borsa di studio correlata ad un dottorato di ricerca, sia per la sua temporaneità, sia per la modestia dell’introito in rapporto alle incrementate, presumibili necessità, anche scientifiche, del beneficiario”.
Gli Ermellini, infine, hanno sottolineato come non costituisca circostanza deducibile in sede di giudizio di legittimità il trasferimento della figlia in un’altra città.