La questione sottoposta all’esame dei giudici di legittimità era nata in seguito alla sentenza con cui i giudici di secondo grado avevano respinto l’appello proposto da una coppia di genitori, avverso la sentenza con cui il Tribunale aveva dichiarato lo stato di adottabilità dei loro tre figli.
Nel prendere tale decisione la Corte territoriale aveva osservato come l’assoluta assenza di una progettualità della coppia, al fine di superare la situazione di degrado morale e materiale riscontrata, unitamente alla mancanza di qualunque apporto da parte della nonna paterna e, in ultima analisi, all'accertato rifiuto di avvalersi dell'aiuto che era stato loro offerto dal servizio sociale, avessero imposto di privilegiare l'esigenza dei minori di essere accolti in un ambiente familiare che consentisse loro di ricevere le necessarie cure e protezione.
Avverso la sentenza d’appello, la coppia ricorreva dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando, innanzitutto, l’omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio, rappresentato dalla relazione della consulente tecnica di parte depositata in occasione dell'appello, nonché dall’ulteriore relazione predisposta dalla medesima professionista sull'esito degli incontri autorizzati da giudice di seconde cure.
Con un secondo motivo di doglianza i ricorrenti eccepivano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1, 7 e 8 della Legge sull'adozione, l. n. 184/1983, in quanto, a loro avviso, i giudici d’appello non avevano preso atto della mancata adozione delle misure ritenute necessarie ex lege per favorire il rientro dei minori nella famiglia di origine.
Con un terzo motivo di ricorso si eccepiva, poi, come la motivazione della sentenza impugnata si fondasse su elementi non più attuali, posto che, secondo i ricorrenti, la Corte territoriale non aveva tenuto conto né della loro partecipazione attiva agli incontri organizzati, né del fatto che uno di essi avesse trovato un lavoro, né, ancora, del fatto che essi avessero preso coscienza degli errori commessi in passato.
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile.
Nell’esaminare congiuntamente i suddetti motivi di doglianza, gli Ermellini hanno preliminarmente sottolineato come, in base alla costante giurisprudenza di legittimità, “l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass. Civ., n. 34476/2019).
Nel caso di specie, invece, i ricorrenti hanno contrapposto all’analitico esame operato dalla Corte d’Appello, la mancata disamina di alcuni elementi di prova, come, ad esempio, la consulenza tecnica di parte, senza, però, riuscire a dimostrarne la decisività.
Poste tali premesse, la Cassazione, in ossequio al suo costante orientamento in materia, ha ribadito che “il prioritario diritto dei minori a crescere nell'ambito della loro famiglia di origine non esclude la pronuncia della dichiarazione di adottabilità quando, nonostante l'impegno profuso dal genitore per superare le proprie difficoltà personali e genitoriali, permanga tuttavia la sua incapacità di elaborare un progetto di vita credibile per i figli e non risulti possibile prevedere con certezza l'adeguato recupero delle capacità genitoriali in tempi compatibili con l'esigenza dei minori di poter conseguire un’equilibrata crescita psico-fisica” (cfr. ex multis Cass. Civ., n. 17603/2019; Cass. Civ., n. 16357/2018).