Nell’ipotesi in cui Tizio non goda delle ferie maturate e non fruite entro il termine stabilito dalla normativa contrattuale, il diritto al loro godimento deve essere considerato decaduto? Il datore di lavoro ha facoltà di azzerare le ferie del dipendente, nel caso in cui quest’ultimo non ne abbia goduto nel termine ultimo stabilito dalla contrattazione collettiva?
La normativa italiana in materia di ferie non godute è molto dettagliata e prescrive diritti e doveri per entrambe le parti: lavoratore e datore di lavoro.
In primo luogo la Costituzione, all’art. 36, stabilisce che le ferie sono a tutti gli effetti un diritto irrinunciabile dei lavoratori e la loro fruizione è, quindi, un obbligo.
Oltre alla Costituzione, il diritto alle ferie è regolamentato da altre norme. Si citano in particolare:
• l’art. 2109 del codice civile, che ne disciplina le modalità di maturazione e fruizione;
• l’art. 10 del D. Lgs. n. 66/2003, con cui il legislatore ha stabilito che al dipendente spettano almeno 4 settimane di ferie retribuite all’anno.
Secondo i principi generali, il lavoratore dipendente deve utilizzare 2 settimane di ferie durante l’anno di maturazione; i giorni residui – quelli conteggiati nella parte bassa della busta paga – potranno essere goduti entro i 18 mesi successivi.
In materia rilevano altresì due disposizioni di matrice europea:
• l’art. 7 della direttiva 2003/88/CE, laddove si definisce il diritto alle ferie retribuite come fondamentale e di fatto irrinunciabile, in quanto diretto al recupero delle energie psicofisiche spese dal lavoratore per la prestazione lavorativa svolta;
• l’art. 31, paragrafo 2, della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, nel punto in cui si stabilisce che “ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite”.
La Corte di Giustizia Europea, dal canto suo, ha ripetutamente affermato che il succitato art. 7 della Direttiva 2003/88/CE vada interpretato nel senso che esso "osta ad una normativa nazionale che preveda il mancato riconoscimento dell’indennizzo per le ferie di cui il lavoratore non abbia potuto usufruire per causa al medesimo non imputabile prima della data della cessazione del rapporto" (sul punto si v. Corte UE 18.01.2024 in causa C-218/22, punti da 48 a 50).
La questione delle sorti delle ferie pregresse e non godute è stata affrontata anche dall’ARAN, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni. Il contratto collettivo - sottolinea l'ARAN - in linea con il dettato costituzionale conferma il carattere di irrinunciabilità delle ferie stesse; pertanto, la questione delle ferie pregresse e non godute configura "un’eccezione non contemplata neanche dalla normativa contrattuale" (cfr. parere ARAN del 09.02.2024 e art. 28 del CCNL 16.10.2008).
L’ ARAN ribadisce, inoltre, che il carattere inderogabile del diritto alle ferie è finalizzato a consentire al lavoratore il recupero delle energie psicofisiche, a tutela della sua salute e dello sviluppo della sua personalità complessiva. Tali finalità costituiscono, di conseguenza, una vera e propria obbligazione per il datore di lavoro, rendendolo “debitore” dell’obbligo di sicurezza e di tutela della personalità e della salute psicofisica dei propri dipendenti ai sensi dell’art. 2087 del codice civile.
Sotto tale profilo e secondo costante giurisprudenza - tenuto anche conto del vigente divieto di monetizzazione delle ferie - è onere dell’amministrazione vigilare sulla fruizione delle ferie da parte dei lavoratori e, di conseguenza, sul rispetto dei termini temporali previsti.
In particolare - anche alla luce dei principi enunciati dalla giurisprudenza europea (Corte UE 6.10.2018 in causa C-684/16, punti da 45 a 47) - il datore di lavoro:
• non può sottrarre automaticamente al lavoratore il diritto alle ferie dopo aver preso atto della loro mancata fruizione entro i tempi contrattuali;
• prima di poter “azzerare” il contatore delle ferie maturate e non godute, ha l’onere di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore fosse messo effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto;
• è tenuto ad assicurarsi che il lavoratore fruisca delle ferie annuali retribuite, invitandolo - se necessario anche formalmente - a fruirne in tempo utile a garantire che le stesse siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo e la distensione cui esse sono volte.
Si deve concludere che, pur non potendosi escludere casi eccezionali che rendono di fatto impossibile la fruizione delle ferie nei tempi stabiliti contrattualmente (come, ad esempio, un lungo periodo di malattia), in via ordinaria, il lavoratore non dovrà subirne la cancellazione di imperio da parte del datore di lavoro, tranne nel caso in cui abbia consapevolmente deciso di rinunciarvi.
Il dipendente non solo non può perdere il diritto a fruire delle ferie pregresse, ma soprattutto permane il suo diritto a vedersele monetizzate dopo la cessazione del rapporto di lavoro.
Grava, quindi, sul datore l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee a consentire al lavoratore di esercitare concretamente il suo diritto informandolo, altresì, che la mancata fruizione potrebbe comportare la perdita dell’indennizzo, e che, quindi, il lavoratore abbia - nonostante tutto - rinunciato volontariamente e consapevolmente con conseguente perdita della corrispondente indennità finanziaria.
Qualora ciò non accada, sarà quindi possibile attivarsi nei confronti del datore per richiedere il pagamento dell’indennità relativa ai giorni di ferie accumulati negli anni, nella misura pari alla retribuzione lorda per ogni giorno non goduto, oltre ai riflessi previdenziali.
La normativa italiana in materia di ferie non godute è molto dettagliata e prescrive diritti e doveri per entrambe le parti: lavoratore e datore di lavoro.
In primo luogo la Costituzione, all’art. 36, stabilisce che le ferie sono a tutti gli effetti un diritto irrinunciabile dei lavoratori e la loro fruizione è, quindi, un obbligo.
Oltre alla Costituzione, il diritto alle ferie è regolamentato da altre norme. Si citano in particolare:
• l’art. 2109 del codice civile, che ne disciplina le modalità di maturazione e fruizione;
• l’art. 10 del D. Lgs. n. 66/2003, con cui il legislatore ha stabilito che al dipendente spettano almeno 4 settimane di ferie retribuite all’anno.
Secondo i principi generali, il lavoratore dipendente deve utilizzare 2 settimane di ferie durante l’anno di maturazione; i giorni residui – quelli conteggiati nella parte bassa della busta paga – potranno essere goduti entro i 18 mesi successivi.
In materia rilevano altresì due disposizioni di matrice europea:
• l’art. 7 della direttiva 2003/88/CE, laddove si definisce il diritto alle ferie retribuite come fondamentale e di fatto irrinunciabile, in quanto diretto al recupero delle energie psicofisiche spese dal lavoratore per la prestazione lavorativa svolta;
• l’art. 31, paragrafo 2, della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, nel punto in cui si stabilisce che “ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite”.
La Corte di Giustizia Europea, dal canto suo, ha ripetutamente affermato che il succitato art. 7 della Direttiva 2003/88/CE vada interpretato nel senso che esso "osta ad una normativa nazionale che preveda il mancato riconoscimento dell’indennizzo per le ferie di cui il lavoratore non abbia potuto usufruire per causa al medesimo non imputabile prima della data della cessazione del rapporto" (sul punto si v. Corte UE 18.01.2024 in causa C-218/22, punti da 48 a 50).
La questione delle sorti delle ferie pregresse e non godute è stata affrontata anche dall’ARAN, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni. Il contratto collettivo - sottolinea l'ARAN - in linea con il dettato costituzionale conferma il carattere di irrinunciabilità delle ferie stesse; pertanto, la questione delle ferie pregresse e non godute configura "un’eccezione non contemplata neanche dalla normativa contrattuale" (cfr. parere ARAN del 09.02.2024 e art. 28 del CCNL 16.10.2008).
L’ ARAN ribadisce, inoltre, che il carattere inderogabile del diritto alle ferie è finalizzato a consentire al lavoratore il recupero delle energie psicofisiche, a tutela della sua salute e dello sviluppo della sua personalità complessiva. Tali finalità costituiscono, di conseguenza, una vera e propria obbligazione per il datore di lavoro, rendendolo “debitore” dell’obbligo di sicurezza e di tutela della personalità e della salute psicofisica dei propri dipendenti ai sensi dell’art. 2087 del codice civile.
Sotto tale profilo e secondo costante giurisprudenza - tenuto anche conto del vigente divieto di monetizzazione delle ferie - è onere dell’amministrazione vigilare sulla fruizione delle ferie da parte dei lavoratori e, di conseguenza, sul rispetto dei termini temporali previsti.
In particolare - anche alla luce dei principi enunciati dalla giurisprudenza europea (Corte UE 6.10.2018 in causa C-684/16, punti da 45 a 47) - il datore di lavoro:
• non può sottrarre automaticamente al lavoratore il diritto alle ferie dopo aver preso atto della loro mancata fruizione entro i tempi contrattuali;
• prima di poter “azzerare” il contatore delle ferie maturate e non godute, ha l’onere di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore fosse messo effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto;
• è tenuto ad assicurarsi che il lavoratore fruisca delle ferie annuali retribuite, invitandolo - se necessario anche formalmente - a fruirne in tempo utile a garantire che le stesse siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo e la distensione cui esse sono volte.
Si deve concludere che, pur non potendosi escludere casi eccezionali che rendono di fatto impossibile la fruizione delle ferie nei tempi stabiliti contrattualmente (come, ad esempio, un lungo periodo di malattia), in via ordinaria, il lavoratore non dovrà subirne la cancellazione di imperio da parte del datore di lavoro, tranne nel caso in cui abbia consapevolmente deciso di rinunciarvi.
Il dipendente non solo non può perdere il diritto a fruire delle ferie pregresse, ma soprattutto permane il suo diritto a vedersele monetizzate dopo la cessazione del rapporto di lavoro.
Grava, quindi, sul datore l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee a consentire al lavoratore di esercitare concretamente il suo diritto informandolo, altresì, che la mancata fruizione potrebbe comportare la perdita dell’indennizzo, e che, quindi, il lavoratore abbia - nonostante tutto - rinunciato volontariamente e consapevolmente con conseguente perdita della corrispondente indennità finanziaria.
Qualora ciò non accada, sarà quindi possibile attivarsi nei confronti del datore per richiedere il pagamento dell’indennità relativa ai giorni di ferie accumulati negli anni, nella misura pari alla retribuzione lorda per ogni giorno non goduto, oltre ai riflessi previdenziali.