È noto che le abitazioni che hanno una veduta panoramica sono generalmente più apprezzate, tanto da avere un valore maggiore anche sul mercato immobiliare.
In quest’ottica, il c.d. “diritto di panorama” non solo esiste, ma può essere tutelato dal proprietario dell’abitazione ogniqualvolta – soprattutto in contesti urbani – subisca delle limitazioni derivanti, ad esempio, dalla costruzione di edifici vicini o dalla presenza di alberature.
Ma andiamo con ordine.
Il nostro Codice Civile, in realtà, non riconosce espressamente il diritto di panorama: si tratta, infatti, di una figura di elaborazione giurisprudenziale.
L’origine del diritto di panorama può essere ricondotta, infatti, ad una interpretazione “estensiva” dell’art. 907 c.c. che regola il diritto di veduta, ossia il diritto del proprietario di un fondo (termine, questo, che ricomprende anche le abitazioni) di affacciarsi su quello del vicino senza incontrare ostacoli prima di una determinata distanza (c.d. distanza legale).
Viceversa, il diritto di panorama è decisamente più ampio: è il diritto di guardare verso l’orizzonte senza incontrare ostacolo alcuno in modo da avere – appunto – pieno godimento del panorama.
Il diritto di panorama, al pari del diritto di veduta, si configura come una servitù negativa.
In generale, l’art. 1027 c.c. definisce la servitù come il peso o la limitazione imposta ad un fondo, detto servente, per l’utilità di un altro fondo, detto dominante, che appartiene ad un’altra persona.
In particolare, poi, la “servitù negativa” derivante dal diritto di panorama (e di veduta) implica che il proprietario del fondo dominante ha il potere di vietare al proprietario del fondo servente la realizzazione di opere permanenti che possano pregiudicare la particolare visuale e attrattiva dell’immobile.
Come sopra accennato, il diritto di panorama è di creazione giurisprudenziale. È necessario, quindi, prendere le mosse dalle sentenze che lo hanno riconosciuto al fine di individuare i requisiti necessari per la sua esistenza.
La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 17922 del 22.6.2023, ha ribadito che il diritto di panorama, inteso come servitù negativa, può essere acquistato (i) per contratto, (ii) per destinazione del padre di famiglia e (iii) per usucapione, necessitando ai fini dell’accertamento della sua costituzione “non solo della destinazione conferita dall’originario unico proprietario o dell’esercizio ultraventennale di attività corrispondenti alla servitù, ma anche della dimostrazione di opere visibili e permanenti ulteriori rispetto a quelle che consentono la veduta”.
Quindi, come ci si può tutelare in presenza di costruzioni e/o alberature che ledano il diritto di panorama?
Innanzitutto il titolare del diritto di panorama (proprietario del fondo dominante) potrà richiedere al proprietario del fondo servente di rispettare il proprio diritto, invitandolo a far cessare la turbativa (ad esempio, potando o spostando gli alberi che ostacolano il panorama).
In assenza di uno spontaneo riscontro, tuttavia, l’unica strada da intraprendere rimane quella giudiziale.
In tal senso, l’art. 1079 c.c. prevede che “il titolare della servitù può farne riconoscere in giudizio l'esistenza contro chi ne contesta l'esercizio e può far cessare gli eventuali impedimenti e turbative. Può anche chiedere la rimessione delle cose in pristino, oltre al risarcimento dei danni”.
L’onere probatorio, quindi, è posto a carico del proprietario del fondo dominante che dovrà dimostrare sia l’esistenza del diritto di panorama, sia l’esistenza sul fondo servente di opere permanenti e visibili ulteriori che pregiudicano il godimento della vista panoramica.
In quest’ottica, il c.d. “diritto di panorama” non solo esiste, ma può essere tutelato dal proprietario dell’abitazione ogniqualvolta – soprattutto in contesti urbani – subisca delle limitazioni derivanti, ad esempio, dalla costruzione di edifici vicini o dalla presenza di alberature.
Ma andiamo con ordine.
Il nostro Codice Civile, in realtà, non riconosce espressamente il diritto di panorama: si tratta, infatti, di una figura di elaborazione giurisprudenziale.
L’origine del diritto di panorama può essere ricondotta, infatti, ad una interpretazione “estensiva” dell’art. 907 c.c. che regola il diritto di veduta, ossia il diritto del proprietario di un fondo (termine, questo, che ricomprende anche le abitazioni) di affacciarsi su quello del vicino senza incontrare ostacoli prima di una determinata distanza (c.d. distanza legale).
Viceversa, il diritto di panorama è decisamente più ampio: è il diritto di guardare verso l’orizzonte senza incontrare ostacolo alcuno in modo da avere – appunto – pieno godimento del panorama.
Il diritto di panorama, al pari del diritto di veduta, si configura come una servitù negativa.
In generale, l’art. 1027 c.c. definisce la servitù come il peso o la limitazione imposta ad un fondo, detto servente, per l’utilità di un altro fondo, detto dominante, che appartiene ad un’altra persona.
In particolare, poi, la “servitù negativa” derivante dal diritto di panorama (e di veduta) implica che il proprietario del fondo dominante ha il potere di vietare al proprietario del fondo servente la realizzazione di opere permanenti che possano pregiudicare la particolare visuale e attrattiva dell’immobile.
Come sopra accennato, il diritto di panorama è di creazione giurisprudenziale. È necessario, quindi, prendere le mosse dalle sentenze che lo hanno riconosciuto al fine di individuare i requisiti necessari per la sua esistenza.
La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 17922 del 22.6.2023, ha ribadito che il diritto di panorama, inteso come servitù negativa, può essere acquistato (i) per contratto, (ii) per destinazione del padre di famiglia e (iii) per usucapione, necessitando ai fini dell’accertamento della sua costituzione “non solo della destinazione conferita dall’originario unico proprietario o dell’esercizio ultraventennale di attività corrispondenti alla servitù, ma anche della dimostrazione di opere visibili e permanenti ulteriori rispetto a quelle che consentono la veduta”.
Quindi, come ci si può tutelare in presenza di costruzioni e/o alberature che ledano il diritto di panorama?
Innanzitutto il titolare del diritto di panorama (proprietario del fondo dominante) potrà richiedere al proprietario del fondo servente di rispettare il proprio diritto, invitandolo a far cessare la turbativa (ad esempio, potando o spostando gli alberi che ostacolano il panorama).
In assenza di uno spontaneo riscontro, tuttavia, l’unica strada da intraprendere rimane quella giudiziale.
In tal senso, l’art. 1079 c.c. prevede che “il titolare della servitù può farne riconoscere in giudizio l'esistenza contro chi ne contesta l'esercizio e può far cessare gli eventuali impedimenti e turbative. Può anche chiedere la rimessione delle cose in pristino, oltre al risarcimento dei danni”.
L’onere probatorio, quindi, è posto a carico del proprietario del fondo dominante che dovrà dimostrare sia l’esistenza del diritto di panorama, sia l’esistenza sul fondo servente di opere permanenti e visibili ulteriori che pregiudicano il godimento della vista panoramica.