La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3021/2020, si è pronunciata in merito al termine prescrizionale applicabile al diritto del lavoratore a percepire l’indennità sostitutiva per le ferie non godute.
La vicenda giudiziaria di cui si sono occupati gli Ermellini è nata quando un lavoratore aveva presentato ricorso ex art. 101 della l. fall., nei confronti della procedura di liquidazione amministrativa della compagnia di assicurazione presso cui lavorava, chiedendo che il Tribunale accertasse lo svolgimento, da parte sua, di mansioni superiori rispetto a quelle del proprio inquadramento, con conseguente riconoscimento del diritto ad ottenere una diversa qualifica, oltre al percepimento delle differenze retributive dovutegli, quantificate in base al nuovo inquadramento, oltre agli accessori.
Il Tribunale, tuttavia, rigettava le istanze attoree, poiché, mancando una reale stabilità del rapporto lavorativo intrattenuto con la convenuta, si doveva considerare il caso di specie alla pari di qualsiasi voce di credito, e, per questo motivo, risultava ormai decorso il relativo termine di prescrizione quinquennale.
Tale decisione veniva, poi, confermata dalla Corte d’Appello, la quale attribuiva all’indennità sostitutiva delle ferie non godute una natura retributiva, non risarcitoria, con conseguente applicazione del termine prescrizionale di cinque anni.
Il lavoratore, rimasto soccombente in entrambi i gradi del giudizio di merito, ricorreva dinanzi alla Corte di Cassazione, eccependo come il giudice di secondo grado avesse errato nel qualificare come retributiva l’indennità sostitutiva delle ferie non godute, e di, conseguenza, nel ritenere applicabile la prescrizione quinquennale. Secondo il ricorrente, infatti, detta indennità avrebbe avuto natura risarcitoria, risultando, pertanto, soggetta all’ordinaria prescrizione decennale.
La Suprema Corte, pur dando atto del fatto che, in passato, gli orientamenti giurisprudenziali in materia non fossero stati univoci, ha accolto il ricorso.
Secondo i giudici di legittimità, infatti, nonostante in passato vi fossero due orientamenti contrapposti in ordine alla natura dell'indennità sostitutiva delle ferie non godute, tale contrasto si deve, ormai, considerare risolto ad opera delle più recenti pronunce della Sezione Lavoro della Cassazione. Sulla base di questo più recente orientamento, pertanto, l'indennità in questione ha natura mista, sia risarcitoria che retributiva.
Ai fini della verifica della prescrizione, però, bisogna considerare prevalente il suo carattere risarcitorio, finalizzato a compensare il lavoratore del danno derivante dalla perdita del proprio diritto al riposo, con la conseguenza che il termine prescrizionale è decennale, al fine di assicurare la più ampia tutela possibile al dipendente.
Al contrario, la natura retributiva dell'indennità in questione rileva soltanto qualora debba essere valutata la sua incidenza sul trattamento di fine rapporto, al fine del calcolo degli accessori o dell’assoggettamento a contribuzione (cfr. ex multis Cass. Civ., n. 14559/2017; Cass. Civ., n. 1757/2016).
Secondo gli Ermellini, pertanto, viene attribuito carattere retributivo all’indennità sostitutiva soltanto ai fini della garanzia prestata ex art. 2126 del c.c., a favore delle prestazioni eseguite in violazione di norme poste a tutela del lavoratore, non, invece, quando, come nel caso di specie, si discuta della verifica del decorso della prescrizione ai fini del credito risarcitorio per il danno derivante dal mancato godimento del diritto al riposo.
Va, altresì, evidenziato come la Suprema Corte sia, di recente, giunta alla medesima conclusione anche in relazione all'indennità sostitutiva del riposo settimanale, la quale è perfettamente equiparabile a quella per ferie non godute (Cass. Civ., n. 8027/2017).
Il diritto del lavoratore di percepire l’indennità sostitutiva per ferie non godute ha natura prevalentemente risarcitoria e si prescrive in dieci anni per assicurare la più ampia tutela possibile al dipendente.