Il nuovo contratto sarà oggetto di discussione nell’incontro che si terrà in questi giorni tra l’ARAN (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) - che svolge funzioni di rappresentanza legale di tutte le P.A. in sede di contrattazione collettiva nazionale - e i sindacati dei lavoratori appartenenti al comparto “Funzioni centrali”.
Si tratta di un settore che coinvolge un numero di lavoratori piuttosto ampio: esso, infatti, conta circa 200 mila lavoratori, compresi dipendenti dei Ministeri, delle Agenzie fiscali e degli enti economici e previdenziali, come ad esempio INPS e INAIL.
La bozza prevede che alcune categorie di dipendenti possano usufruire di un maggior numero di giorni di lavoro da remoto, anche superiore rispetto a quelli in presenza.
In particolare, la novità riguarda alcune categorie di lavoratori, tra cui è possibile annoverare:
- coloro che dimostrino di avere specifiche esigenze di salute;
- coloro che assistono familiari con disabilità o in condizioni gravi ai sensi della Legge 104;
- genitori con bambini piccoli.
In forza del nuovo contratto, invece, il lavoro agile torna al centro delle trattative sindacali, con l'obiettivo di renderlo più accessibile alle categorie fragili e ai genitori con figli piccoli.
Tuttavia, tale rinnovo contrattuale si preannuncia piuttosto complesso. Infatti, alcuni sindacati hanno avanzato la richiesta di maggiori risorse per gli aumenti salariali, sperando di ottenere un ulteriore 0,5 per cento, sulla falsariga di quanto avvenuto nell’ultima riforma dell’ordinamento professionale.
La criticità risiede nel fatto che tale ulteriore aumento, che andrebbe sommato a quello del 5,78 per cento già finanziato nella manovra dell'anno scorso, avrebbe un costo che si aggira attorno al miliardo di euro per tutti i comparti. Infatti, l'attuale situazione delle finanze pubbliche è piuttosto critica. Ne discende che, molto probabilmente, la richiesta dei sindacati non potrà essere accolta. Altri sindacati, invece, propongono di firmare immediatamente la parte economica, per far arrivare gli aumenti nelle buste paga il prima possibile.
Un problema che necessita di soluzione riguarda la perdita della contribuzione per quei dipendenti pubblici che superano i 35 mila euro lordi di stipendio, anche di un solo euro.
Questo taglio del cuneo contributivo, secondo i calcoli dell'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), equivale a 1.100 euro netti l'anno. Ne consegue che i dipendenti che si trovano in quella fascia di reddito rischiano di vedere annullati gli aumenti contrattuali a causa della perdita della decontribuzione.
Questo problema riguarda anche il comparto sanitario, dove molti infermieri hanno redditi vicini alla soglia dei 35 mila euro lordi. È pertanto verosimile che, per risolvere questa criticità, si dovrà attendere la prossima manovra di Bilancio, quando il Governo potrebbe introdurre correttivi per evitare questo effetto negativo.