In Italia, normalmente, l’assunzione di un lavoratore avviene mediante la sottoscrizione di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, che costituisce la forma più comune e diffusa. Tuttavia, il nostro ordinamento giuridico, per venire incontro alle esigenze del mercato del lavoro, ha previsto diverse tipologie di contratti di lavoro atipici, ovvero non rientranti nella categoria del contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Tra questi contratti atipici, il contratto a tempo determinato è senza dubbio il più frequente. Questo tipo di contratto consente ai datori di lavoro di assumere dipendenti per un periodo di tempo specifico e predefinito. Alla scadenza di questo periodo, il rapporto di lavoro termina automaticamente, senza alcuna necessità di preavviso.
Proprio queste sue caratteristiche rendono il contratto a tempo determinato uno strumento sicuramente vantaggioso per i datori di lavoro che, in particolari momenti, necessitano di forza lavoro. Tuttavia, l’impiego di questa forma contrattuale è soggetto a specifici limiti che il
datore di lavoro deve rigorosamente osservare.
Il mancato rispetto di tali limiti può rendere il contratto nullo.
Vediamo, quindi, quali sono i limiti di utilizzo di tale forma contrattuale e le conseguenze in caso di mancata osservanza degli stessi.
Secondo il Decreto Dignità, n. 87/2018, la durata massima dei contratti a termine è pari a 24 mesi. Più analiticamente, la legge prevede che le parti possano decidere liberamente di stipulare un contratto a termine, di durata comunque non superiore a 12 mesi.
Tuttavia, l'eventuale rinnovo del contratto o la stipula dello stesso per un periodo non superiore a 24 mesi sarà possibile solo in caso di esigenze temporanee e limitate. In presenza, poi, di specifiche esigenze tecniche, produttive oppure organizzative, il termine può essere prorogato fino a 36 mesi. In ogni caso, le proroghe sono soggette a controlli da parte delle autorità, che dovranno confermarne la validità.
Altro limite in cui incorre il datore di lavoro concerne il tetto massimo di lavoratori a tempo determinato che possono essere assunti.
In questo caso, la legge italiana prevede un limite del 20%, calcolato sul numero complessivo dei lavoratori a tempo indeterminato che già operano nell'azienda.
Con la previsione di questo limite, lo
Stato tenta di ridurre un impiego eccessivo di tali forme contrattuali, garantendo al contempo una maggiore stabilità nel mercato del lavoro.
Cosa succede in caso di mancato rispetto dei detti requisiti?
Ebbene, in questi casi, qualora il datore di lavoro si renda inadempiente rispetto agli obblighi di legge, il dipendente avrà il diritto di chiedere la stabilizzazione del contratto oppure potrà chiedere l'attivazione di altre forme di tutela.