Nel caso esaminato dalla Cassazione, un
utente aveva chiesto il
risarcimento del danno derivato dall’
interruzione della somministrazione di energia elettrica da parte della
società erogatrice; quest’ultima aveva allegato la prova di
condizioni metereologiche avverse, le quali, a suo parere, erano state la causa del distacco del cavo e della conseguente interruzione del servizio. Tali condizioni meteo risultavano però
descritte in modo astratto, senza che fosse stata allegata alcuna prova circa l’effettiva
entità delle stesse.
La
Corte di Cassazione si è espressa sulla vicenda con la
sentenza n. 32498/2019, stabilendo che, anche se si prova la sussistenza di condizioni meteo sfavorevoli, se non emerge nulla circa la portata di queste ultime e quindi della
“possibilità delle stesse di essere apprezzate come effettivamente straordinarie e tali da superare le necessarie misure di prevenzione e manutentive idonee a evitare le conseguenze di situazioni naturalmente prevedibili”, sussiste violazione dell’art.
2050 c.c.
La Suprema Corte ha infatti evidenziato che
“il fatto come accertato dal giudice di merito non permette di essere sussunto ovvero legalmente ricondotto nella fattispecie di fortuito rilevante ai fini dell'interruzione del nesso causale escludente la responsabilità da attività pericolosa”. Dunque, viene
richiesta non solo la prova dell’evento atmosferico, ma anche della misura e della portata dello stesso.
La Cassazione aveva già in passato stabilito (sent. n. 5144/1997) che
è sull'ente erogatore di energia elettrica, convenuto per il risarcimento del danno,
che incombe l'onere di provare che l'interruzione del servizio sia dipesa da una delle cause di giustificazione (che possono essere
forza maggiore, lavori di manutenzione, esigenze di servizio, cause accidentali, scioperi) previste nella specifica clausola contrattuale di
esonero, espressamente sottoscritta dall'utente all'atto della conclusione del contratto.
In questo caso la Suprema Corte aggiunge anche qualcosa di più, e cioè che la prova dell’evento è sì condizione necessaria, ma non anche sufficiente ad escludere la responsabilità del somministrante, essendo necessario provare anche l’entità dello stesso.
Inoltre, la Cassazione aggiunge un ulteriore principio:
la produzione ed erogazione di energia elettrica costituisce attività pericolosa ai sensi dell’art.
2050 c.c. e
non sussiste discrimine tra utenti e non utenti: la responsabilità per tale attività prescinde dal fatto che ci si riferisca a rischi da contatto oppure da guasti alla distribuzione, nonché dalla circostanza che possano essere interessate solo alcune categorie di
persone (gli utenti) ovvero un numero indiscriminato di persone.