La vicenda ha avuto origine dal
ricorso presentato da una donna, la quale, mentre stava attraversando la strada, era stata
investita da un motorino che stava percorrendo una corsia preferenziale in un senso di marcia vietato. A causa dell’incidente, la ricorrente aveva riportato
gravi lesioni, tali da comportare un’
invalidità permanente.
La donna aveva, perciò, proposto domanda di
risarcimento del danno nei confronti del conducente, del proprietario del motorino e della compagnia assicuratrice che garantiva quest'ultimo per la responsabilità civile.
In primo grado, la sua domanda veniva accolta dal Tribunale, che riconosceva l'esclusiva
responsabilità del conducente ex art.
2054, comma 1, c.c. e condannava i convenuti al risarcimento del danno. Le parti soccombenti proponevano così appello.
In secondo grado, la Corte d’appello di Napoli ha ritenuto che vi fosse stato un
concorso di colpa della donna, ai sensi dell’art.
1227 c.c., nella misura del 30%, in quanto questa aveva attraversato non sulle strisce, ma in prossimità, senza avvedersi del sopraggiungere del motociclo; per tali ragioni, veniva
ridotto l'ammontare del risarcimento.
Inoltre, i giudici di secondo grado hanno escluso dall'ammontare del risarcimento la somma che il giudice di primo grado aveva riconosciuto a titolo di danno morale, aggiungendolo a quello complessivo alla persona, sul presupposto che non fosse possibile risarcire autonomamente il danno morale.
La danneggiata proponeva così ricorso in Cassazione, affermando che la Corte di merito aveva errato nel ritenere che vi fosse stato un concorso di colpa, in quanto, per superare la
presunzione di colpa esclusiva del veicolo investitore - così come posta dall'articolo
2054 c.c. - non poteva bastare l'eventuale imprudenza del pedone. Dunque, secondo la ricorrente, la presunzione di responsabilità che l'articolo
2054 c.c. pone a carico del conducente non era stata superata.
La Suprema Corte si è espressa con l’ordinanza 5627/2020. Essa ha innanzitutto ribadito che, secondo quanto finora stabilito dalla giurisprudenza in tema di responsabilità per circolazione di veicoli, il conducente può liberarsi dalla responsabilità se prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, e, dunque, se ne dimostra l'imprevedibilità ed inevitabilità.
Tuttavia, anche qualora il danneggiante non sia riuscito a fornire tale prova, può rilevare il concorso colposo del danneggiato. Infatti,
il concorso di colpa può sussistere in relazione a qualsiasi condotta lesiva, sia essa oggettiva o presunta, poiché l'articolo
1227 c.c. ha valenza generale ed è riferibile, perciò, a qualsiasi fattispecie di imputazione. Il danno, dunque, va ripartito quando sia frutto della colpa di entrambi (danneggiante e danneggiato), a prescindere dalla responsabilità "oggettiva" o "presunta" del danneggiante.
In base all'art.
2054 c.c., il conducente, per evitare di incorrere in responsabilità, deve dimostrare di aver fatto il possibile per evitare il danno, ed una tale prova liberatoria può essere data allegando l'imprudenza del pedone, ma solamente se questa si presenti come una
condotta imprevedibile.
In sostanza, non è sufficiente il solo concorso colposo del pedone per escludere l’imputabilità del danno (in tutto od in parte) al conducente, ma la condotta del danneggiato, pur se colpevole, deve essere talmente imprevedibile da impedire al conducente di evitare l'investimento. Ciò significa che non è sufficiente dimostrare che il pedone fosse in una qualche misura in colpa, se risulta che il danno era comunque evitabile da parte del conducente.
L'accertamento dell’imprevedibilità della condotta del pedone è un
accertamento di fatto e va condotto tenendo presente che il rapporto tra l'art.
2054 c.c. e l'art.
1227 c.c. è nel senso che
la prevenzione è affidata, prevalentemente, al conducente, il quale è esente da responsabilità solo dinanzi a comportamenti non solo colposi, ma anche
imprevedibili ed
inevitabili del pedone.
Alla luce di queste osservazioni, la Suprema Corte ha accolto il ricorso ed ha, di conseguenza, cassato con rinvio la
sentenza impugnata.