Il comodato può prevedere un termine di riconsegna del bene oppure no: in quest’ultimo caso si parla di “comodato precario” (art. 1810 c.c.) e il comodatario (ovvero colui al quale viene concesso il bene) avrà l’obbligo di restituire il bene su semplice richiesta del proprietario.
Il comodato, dunque, è una sorta di “locazione gratuita”, dal momento che non è previsto il pagamento di un canone.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, il proprietario di un bene immobile aveva agito in giudizio nei confronti del soggetto che utilizzava l’immobile stesso, al fine di ottenere la condanna del medesimo al rilascio del bene e al risarcimento dei danni subiti, oltre che alla restituzione di alcune somme, che erano state anticipate dal proprietario per far pagare le bollette dell’acqua.
Il proprietario dell’immobile evidenziava che lo stesso era stato concesso in “comodato precario” (vale a dire, come detto, senza determinazione di un termine di riconsegna) al convenuto e alla propria compagna, per il tempo necessario affinché i medesimi trovassero una nuova sistemazione.
Tuttavia, secondo il ricorrente, il comodatario, oltre ad aver cacciato di casa la compagna, aveva impedito l’accesso al proprietario, rendendosi inadempiente rispetto al contratto stipulato, con la conseguenza che era stata richiesta la restituzione dell’immobile per le vie legali.
Il comodatario aveva contestato la pretesa del proprietario, osservando che il contratto in questione non poteva essere considerato un “comodato precario”, in quanto l’immobile era stato concesso in comodato come “casa familiare” e, dunque, era sottoposto ad un “termine implicito”, collegato all’uso del bene stesso.
Il Tribunale, pronunciandosi nel primo grado di giudizio, aveva rigettato la domanda di restituzione avanzata dal proprietario dell’immobile e la sentenza era stata confermata dalla Corte d’appello.
La Corte d’appello, infatti, aveva precisato che non era stata provata l’assenza di determinazione del termine di riconsegna, mentre, al contrario, era emerso che “la casa era stata messa a disposizione del nucleo familiare perchè vi risiedesse e facesse fronte alle proprie esigenze abitative”.
Secondo la Corte d’appello, in particolare, se il comodato è stato stabilito senza limite di durata e viene stabilito un vincolo di destinazione dell’immobile alle esigenze abitative della famiglia, “idoneo a conferire all'uso cui la cosa è destinata il carattere implicito della durata del rapporto, il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l'uso previsto nel contratto, senza possibilità di far dipendere la cessazione del vincolo esclusivamente dalla volontà ad nutum del comodante, salva l'ipotesi di sopravvenienza di un urgente e impreveduto bisogno, ai sensi dell'art. 1809 c.c., comma 2”.
In altri termini, se il bene viene concesso in comodato e viene stabilito che il medesimo sia destinato a casa famigliare, è come se fosse stato implicitamente stabilito un termine di durata, con la conseguenza che il proprietario non potrà chiedere la restituzione a suo piacimento, ma solo quando il medesimo ne abbia un urgente e imprevisto bisogno.
Ritenendo la decisione ingiusta, il proprietario dell’immobile decideva di ricorrere alla Corte di Cassazione, sperando di ottenere l’annullamento della sentenza della Corte d’appello.
Secondo il ricorrente, in particolare, non sarebbe stata provata “la destinazione specifica a casa familiare”.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter accogliere il ricorso proposto dal proprietario, in quanto il giudice, nel decidere sulla questione, aveva correttamente interpretato la volontà delle parti in causa, rilevando che la “circostanza che il comodato fosse comunque precario e legato al reperimento di altra sistemazione abitativa (… ) risultava sfornita di prova”.
Evidenziava la Corte di Cassazione, inoltre, che i giudici dei precedenti gradi di giudizio avevano correttamente applicato al caso concreto l’art. 1809 c.c., che riguarda “il comodato sorto con la consegna della cosa per un tempo determinato o per un uso che consente di stabilire la scadenza contrattuale”, il quale è caratterizzato dal fatto che il proprietario può “esigere la restituzione immediata solo in caso di sopravvenienza di un urgente e imprevisto bisogno”.
Nel caso in esame, dunque, il comodato era sorto per un uso determinato e dunque per un tempo che poteva essere individuato “in considerazione della destinazione a casa familiare contrattualmente prevista, indipendentemente dall'insorgere di una crisi coniugale”.
Di conseguenza, il proprietario non aveva diritto di chiederne la restituzione immediata, dal momento che non aveva dato prova della sussistenza di un bisogno imprevisto e urgente.
Sulla base di tutte queste considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal proprietario dell’immobile, che veniva condannato anche al pagamento delle spese processuali.