L'avvocato, si è legittimamente appellato a quanto disposto dall’art.1460 del codice civile, il quale sancisce che: “nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l’altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria, salvo che termini diversi per l’adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto.
Tuttavia non può rifiutarsi l’esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede”.
Le argomentazioni dell'avvocato sono state condivise dalla Corte di Cassazione, che però, sul punto, ha precisato che il professionista deve ben guardarsi dal arrecare con la sua condotta un pregiudizio irreparabile al cliente.
Questo perché, sottolineano gli ermellini:“il principio di buona fede, non è mai un aspetto da tralasciare. Esso, infatti, deve pur sempre portare a una salvaguardia della parte sino a che, tale salvaguardia, non comporti un onere o un sacrificio consistente”.
Per questi motivi, la Cassazione ha accolto il ricorso del professionista, annullando la sentenza con rinvio al giudice d'appello.