Ebbene, al di là della scorrettezza del gesto, è lecito domandarsi se questi comportamenti abbiano delle conseguenze sotto il profilo giuridico.
Varie sono le vicende segnalate dalla cronaca, aventi ad oggetto fatti di questo tipo.
Ad esempio, emblematico è stato il caso (che ha interessato anche la Suprema Corte di Cassazione, la quale si è pronunciata con un'importante sentenza che vedremo a breve) di una signora di mezza età, che si divertiva a scrivere frasi offensive sulla porta dell'abitazione di un altro condomino. La donna era stata condannata, in primo e secondo grado, per i reati di danneggiamento e ingiuria.
Fondamentale era stata la ricostruzione dell'episodio, che vedeva la donna impegnata nell'incidere frasi ingiuriose sulla porta della persona offesa, la quale, rinchiusa in casa, osservava la scena dallo spioncino. Tuttavia, l’imputata avanzava ricorso in Cassazione.
Secondo i giudici della Suprema Corte (sent. 24576/2014), prima di tutto, “l'incisione dello stipite della porta non sembra causare, di per sé, un danno strutturale”: quindi, l'accusa di danneggiamento deve essere rivalutata. Allo stesso modo, anche l'accusa di ingiuria è messa in discussione. Decisiva è stata la presenza in casa della persona offesa. Su questo punto, infatti, i giudici ricordano che “la mancata consapevolezza della presenza della persona offesa impedisce il completamento del reato di ingiuria e fa emergere l'ipotesi della diffamazione, che punisce chiunque offenda la reputazione altrui comunicando con più persone”.
Possiamo quindi affermare che, secondo quanto statuito dalla Cassazione, chi offende l’onore o il decoro di una persona commette il reato di diffamazione. L’illecito si perfeziona anche semplicemente lasciando un foglio attaccato alla porta di casa della vittima o un messaggio sul parabrezza dell’auto.
Per comprendere meglio il tutto, è opportuna una breve analisi del reato in commento.
L’art. 595 del c.p. recita testualmente: “Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro”.
Il bene giuridico protetto dalla fattispecie in commento è costituito dalla reputazione della persona offesa.
Un primo presupposto del reato è l'assenza della persona offesa, ossia l'impossibilità per la stessa di percepire direttamente le offese alla propria reputazione. Infatti, proprio l’assenza della persona offesa comporta l'impossibilità, da parte della stessa, di difendersi rispetto ai fatti dichiarati dal reo, facendo sì che la sua condotta abbia maggiore potenzialità offensiva rispetto alla mera ingiuria (ad oggi comunque depenalizzata).
Inoltre, affinché il reato di diffamazione si perfezioni, è richiesta l'offesa alla reputazione, mediante l’impiego di parole offensive.
Infine, ultimo presupposto è rappresentato dalla presenza di almeno due persone in grado di percepire le offese diffamatorie.
Situazione differente concerne, invece, i casi in cui eventuali messaggi lasciati sull’uscio di casa o sulla vettura non abbiano contenuto diffamatorio, bensì solo minaccioso.
In questi casi infatti viene in rilievo la fattispecie di cui all’art. 612 del c.p., che recita testualmente: “Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 1.032 euro”.
In questo caso, il bene giuridico oggetto di tutela è la libertà morale, contro ogni turbativa determinata anche semplicemente da attività di disturbo e molestia.
Con il concetto di minaccia si intende la prospettazione di un danno ingiusto e notevole, mentre per danno si fa riferimento alla lesione o alla messa in pericolo di un interesse giuridicamente rilevante del soggetto passivo.
Ebbene, una condanna per minacce è stata emessa nei confronti di un 35enne di Rimini il quale aveva lasciato, sui parabrezza di alcune vetture, biglietti contenenti minacce indirizzate proprio ai proprietari delle vetture.
La condotta in questione è costata cara al giovane, il quale è stato condannato al pagamento di 3052 euro (di cui 3000 a titolo di risarcimento e 52 come multa per il reato di minaccia).