Con la recente sentenza n. 32673, la Cassazione ha inteso rafforzare la tutela dei consumatori che acquistano un'automobile. Tipicamente chi compra un mezzo a motore, nuovo o usato, fa affidamento non soltanto sul veicolo in sé, ma anche sul marchio che lo contraddistingue. Tuttavia, in caso di difetti gravi, soprattutto quelli che incidono sulla sicurezza, l'acquirente consumatore si trova spesso di fronte a un rimpallo di responsabilità, tra il venditore nazionale e il produttore estero.
La vicenda giudiziaria nasceva da un episodio purtroppo non raro. Un automobilista, coinvolto in un incidente stradale, aveva riportato danni aggravati dall'airbag difettoso. Ritenendo responsabile il soggetto che gli aveva venduto l'auto, il consumatore ha citato in giudizio il fornitore italiano del veicolo, e non la casa automobilistica produttrice.
La pronuncia dei giudici di piazza Cavour ha posto fine a una disputa giudiziaria che, nei primi due gradi di giudizio, aveva visto l'automobilista vittorioso. La magistratura riconosceva, infatti, la responsabilità extracontrattuale della società fornitrice convenuta, accogliendo la domanda del consumatore. Alla società nulla era valso affermare di essere meramente i venditori-distributori del mezzo, essendo stato il veicolo costruito da una distinta entità giuridica (l'effettivo produttore statunitense con stabilimenti in Germania), e che eventuali difetti di fabbrica dovessero essere imputati soltanto a chi costruisce il mezzo.
In particolare, il giudice d'appello ha confermato la decisione del tribunale di primo grado, valorizzando un elemento decisivo: la coincidenza (anche parziale) del nome del fornitore con il marchio dell'auto, tale da generare un legittimo affidamento nel cliente.
A seguito del ricorso del fornitore, anche in Cassazione l'esito è stato analogo. A seguire ecco i punti chiave di una pronuncia di grande rilievo giurisprudenziale:
In particolare, il giudice d'appello ha confermato la decisione del tribunale di primo grado, valorizzando un elemento decisivo: la coincidenza (anche parziale) del nome del fornitore con il marchio dell'auto, tale da generare un legittimo affidamento nel cliente.
A seguito del ricorso del fornitore, anche in Cassazione l'esito è stato analogo. A seguire ecco i punti chiave di una pronuncia di grande rilievo giurisprudenziale:
- per vedersi riconoscere il risarcimento, non è necessario rivolgersi - a monte - ai produttori, in caso di danni causati da difetti di fabbricazione;
- in caso di acquisto di un bene che causa un danno, se su esso compare il marchio del distributore/fornitore, sarà quest'ultimo a rispondere dei danni proprio come se fosse il fabbricante.
Perciò, spiega la Suprema Corte, il consumatore sarà libero di chiedere il risarcimento direttamente al fornitore della vettura, quando quest'ultimo "appare" come produttore. E, in particolare, se il suo nome o un elemento distintivo coincide con quello del fabbricante. Come è intuibile, questa pronuncia rafforza sensibilmente la tutela del consumatore, in linea con il diritto dell'Unione europea.
La Cassazione ha ritenuto opportuno far chiarire una questione di portata più estesa del singolo caso nazionale. Ha così sottoposto un quesito pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'UE, chiedendo se fosse conforme alla direttiva 85/374/CEE un'interpretazione che allarga la responsabilità del produttore al fornitore, anche quando quest'ultimo non abbia materialmente apposto il proprio marchio sul prodotto, ma abbia una denominazione coincidente o simile.
E la risposta è arrivata con la sentenza C-157/23 (caso Ford Italia). Secondo la Corte di giustizia UE, l'art. 3 della citata direttiva deve essere interpretato in modo estensivo a tutela del consumatore. In particolare, il fornitore di un prodotto difettoso deve essere considerato "persona che si presenta come produttore" quando:
La Cassazione ha ritenuto opportuno far chiarire una questione di portata più estesa del singolo caso nazionale. Ha così sottoposto un quesito pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'UE, chiedendo se fosse conforme alla direttiva 85/374/CEE un'interpretazione che allarga la responsabilità del produttore al fornitore, anche quando quest'ultimo non abbia materialmente apposto il proprio marchio sul prodotto, ma abbia una denominazione coincidente o simile.
E la risposta è arrivata con la sentenza C-157/23 (caso Ford Italia). Secondo la Corte di giustizia UE, l'art. 3 della citata direttiva deve essere interpretato in modo estensivo a tutela del consumatore. In particolare, il fornitore di un prodotto difettoso deve essere considerato "persona che si presenta come produttore" quando:
- non ha di fatto apposto il proprio marchio sul prodotto;
- il marchio apposto dal fabbricante coincide con il nome del fornitore, o con un suo elemento distintivo;
- tale coincidenza è idonea a far apparire il fornitore come responsabile della qualità del prodotto agli occhi del consumatore.
In termini pratici, ciò vuol dire che - ai fini dell'attribuzione di responsabilità extracontrattuale - non è necessario che il distributore italiano incolli un'etichetta o modifichi fisicamente il prodotto. È sufficiente, infatti, che il consumatore, vedendo il marchio sull'auto e la denominazione del venditore, percepisca un'identità tra fornitore e produttore.
Recependo integralmente l'interpretazione europea, la Cassazione ha così chiarito il fondamento giuridico della decisione: la tutela dell'affidamento del consumatore, grazie alla cosiddetta teoria dell'apparenza. Il fornitore nazionale, utilizzando una denominazione coincidente o fortemente richiamante il brand del produttore, sfrutta l'immagine del marchio e si presenta come garante della qualità e della sicurezza del veicolo. Conseguentemente, genera nel consumatore una fiducia analoga a quella che si avrebbe verso il costruttore vero e proprio.
Questa scelta di marketing è legittima, ma comporta una conseguenza precisa perché chi beneficia della forza del marchio deve anche assumersi l'eventuale responsabilità dei suoi difetti. Per la Suprema Corte, non è ammesso utilizzare il nome del produttore per vendere e poi negare ogni responsabilità, quando emerge un difetto di fabbrica. E tale responsabilità va inquadrata come solidale, in aderenza all'art. 5 della direttiva 85/374/CEE, la quale stabilisce che la responsabilità di chi "si presenta come produttore" non è diversa da quella del produttore effettivo.
Perciò, il consumatore:
Recependo integralmente l'interpretazione europea, la Cassazione ha così chiarito il fondamento giuridico della decisione: la tutela dell'affidamento del consumatore, grazie alla cosiddetta teoria dell'apparenza. Il fornitore nazionale, utilizzando una denominazione coincidente o fortemente richiamante il brand del produttore, sfrutta l'immagine del marchio e si presenta come garante della qualità e della sicurezza del veicolo. Conseguentemente, genera nel consumatore una fiducia analoga a quella che si avrebbe verso il costruttore vero e proprio.
Questa scelta di marketing è legittima, ma comporta una conseguenza precisa perché chi beneficia della forza del marchio deve anche assumersi l'eventuale responsabilità dei suoi difetti. Per la Suprema Corte, non è ammesso utilizzare il nome del produttore per vendere e poi negare ogni responsabilità, quando emerge un difetto di fabbrica. E tale responsabilità va inquadrata come solidale, in aderenza all'art. 5 della direttiva 85/374/CEE, la quale stabilisce che la responsabilità di chi "si presenta come produttore" non è diversa da quella del produttore effettivo.
Perciò, il consumatore:
- può chiedere il risarcimento integrale del danno a uno qualsiasi dei responsabili, tra produttore e distributore;
- non è obbligato a individuare il produttore materiale del singolo componente;
- non può essere rinviato a soggetti esteri, difficili da identificare o da citare in giudizio.
Infatti, secondo il legislatore europeo - e ora secondo la Cassazione - la tutela del consumatore sarebbe insufficiente, se il distributore potesse semplicemente "scaricare" la responsabilità sul produttore.
Concludendo, la sentenza n. 32673 si inserisce chiaramente nell'ottica del favor consumatoris, il principio che impone di interpretare le norme nel modo più favorevole alla parte debole del rapporto. L'automobilista è libero di scegliere in merito al soggetto a cui chiedere i danni da responsabilità extracontrattuale per prodotto difettoso. Ecco perché, oggi, chi subisce un danno da un'auto con un grave problema di fabbricazione può contare su una tutela più efficace e senza rimpalli di responsabilità.
Concludendo, la sentenza n. 32673 si inserisce chiaramente nell'ottica del favor consumatoris, il principio che impone di interpretare le norme nel modo più favorevole alla parte debole del rapporto. L'automobilista è libero di scegliere in merito al soggetto a cui chiedere i danni da responsabilità extracontrattuale per prodotto difettoso. Ecco perché, oggi, chi subisce un danno da un'auto con un grave problema di fabbricazione può contare su una tutela più efficace e senza rimpalli di responsabilità.