La
sentenza n. 20814/2019 della IV Sezione Penale della Cassazione fornisce importanti chiarimenti in merito ai presupposti di validità dell’accertamento effettuato a mezzo etilometro.
Un uomo era stato condannato, sia in
primo grado che in
appello, per il
reato di cui all'art.
186 del C.d.S. , comma 2, lett. b) e comma 2
sexies, alla
pena (sospesa) di mesi 6 di
arresto ed euro 2.000,00 di
ammenda, con la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per un anno e la
confisca dell'autoveicolo di sua
proprietà.
Avverso la sentenza di secondo grado il
difensore dell'
imputato proponeva
ricorso per cassazione, basato su un solo motivo. In particolare, egli deduceva violazione di legge e vizio di
motivazione, sostenendo che erano state eseguite due misurazioni con esiti contrastanti. Infatti la prima evidenziava un tasso alcolemico di 1,65 g/l; il secondo di 1,67 g/l.
Secondo il
ricorrente, il primo test sarebbe stato invalido per insufficienza del volume d'aria immesso. Sarebbero stati dunque eseguiti soltanto due test, di cui uno non valido e comunque con esito inferiore rispetto al secondo.
Per la difesa dell’imputato, tale circostanza sarebbe impossibile a verificarsi, dal momento che l'organismo smaltisce subito l'alcol in eccesso, per cui il risultato avrebbe dovuto essere necessariamente inferiore.
Nella fattispecie, la condanna dell’imputato è stata confermata, essendo la prospettazione del ricorrente destituita di fondamento giuridico.
Secondo la Suprema Corte, deve in primo luogo escludersi che abbia valore l’assunto, “frutto di mera soggettiva congettura”, secondo il quale il tasso alcolico misurato per primo debba essere necessariamente superiore a quello misurato per secondo.
In proposito spiega la Corte: “senza necessità di addentrarsi in disquisizioni scientifiche [...], è del tutto incontroverso che la percentuale di alcol nell'organismo, nel tempo successivo all'assunzione varia, secondo una curva di assorbimento, che non ha affatto sviluppo decrescente”.
Inoltre, proseguono i giudici di legittimità, “in tema di guida in stato d'ebbrezza, ai fini della prova della sussistenza di una delle fattispecie di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b) e c), è sufficiente anche una sola misurazione alcolimetrica che produca risultati rientranti nelle fasce rispettivamente previste se corroborata da elementi sintomatici desumibili dagli atti”.
Sotto questo profilo, la Corte d’Appello, richiamando il
verbale degli agenti della Polstrada, aveva sottolineato come l’imputato “
emanasse un forte alito vinoso, si muovesse in modo sconnesso ed articolasse frasi poco comprensibili”.
Da ultimo, conclude la Corte,
in tema di guida in stato di ebbrezza, è onere dell'imputato allegare circostanze in grado di inficiare la valenza probatoria dell'alcoltest, qualora lo scontrino riportante l'indicazione del tasso alcolemico, in misura superiore alle previste soglie di punibilità, contenga la dicitura "volume insufficiente" e l'apparecchio non segnali espressamente la presenza di un errore.
Invece nel ricorso non veniva allegata alcuna delle predette circostanze, con conseguente manifesta infondatezza della doglianza espressa dalla difesa.
La Cassazione ha, pertanto, dichiarato il ricorso inammissibile.