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Articolo 202 Legge fallimentare

(R.D. 16 marzo 1942, n. 267)

[Aggiornato al 01/01/2023]

Accertamento giudiziario dello stato d'insolvenza

Dispositivo dell'art. 202 Legge fallimentare

Se l'impresa al tempo in cui è stata ordinata la liquidazione, si trovava in stato d'insolvenza e questa non è stata preventivamente dichiarata a norma dell'art. 195, il tribunale del luogo dove l'impresa ha la sede principale, su ricorso del commissario liquidatore o su istanza del pubblico ministero (1), accerta tale stato con sentenza in camera di consiglio, anche se la liquidazione è stata disposta per insufficienza di attivo.

Si applicano le norme dell'art. 195, commi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto (2).

Note

(1) I creditori difettano di legittimazione attiva a proporre l'istanza.
(2) Si rileva un contrasto con l'art. 195 richiamato, in quanto quella disposizione disciplina l'accertamento dello stato di insolvenza avvenuto anteriormente alla liquidazione coatta amministrativa. Inoltre, il rinvio al sesto comma è superato dal fatto che tale disposizione è stata modificata dal d.lgs. 5/2006.

Massime relative all'art. 202 Legge fallimentare

Cass. civ. n. 1213/1998

Il tribunale investito di una domanda di liquidazione coatta amministrativa (al pari del tribunale fallimentare) non è vincolato alle deduzioni ed osservazioni — eventualmente dubitative — del soggetto richiedente, essendo chiamato ad accertare la esistenza dei presupposti per la relativa dichiarazione attraverso l'esame di ogni circostanza emergente dagli atti della procedura (giustificandosi tale potere inquisitorio con l'interesse pubblico che domina ogni vicenda concorsuale), e senza che le peculiarità della liquidazione coatta amministrativa (ove, semmai, il momento pubblicistico risulta vieppiù accentuato) possano escludere o attenuare tale potere, ché anzi la limitata legittimazione attiva per essa prevista, rispetto alla ben più ampia legittimazione di cui all'art. 6 della legge fallimentare, sottolinea proprio il carattere spiccatamente pubblicistico dell'istituto, mentre l'assenza di ogni discrezionalità sia del commissario che del P.M. nel promuovere l'accertamento — agendo entrambi in osservanza di norme imperative e rispondendo personalmente in caso di omissione — esclude ogni collegamento tra disponibilità del diritto e disponibilità della domanda posto a base del principio dispositivo del processo. Va, pertanto, respinta la doglianza di ultrapetizione mossa alla declaratoria dello stato di insolvenza di una società fiduciaria operata dal giudice di merito nonostante la proposizione della relativa domanda in termini dubitativi da parte del commissario incaricato.

Cass. civ. n. 1467/1995

Sussiste il potere del tribunale di dichiarare lo stato di insolvenza di impresa di assicurazione anche successivamente alla sottoposizione della stessa a liquidazione coatta amministrativa, a norma dell'art. 202 L. fall., benché l'art. 82 del testo unico sulle assicurazioni private approvato con D.P.R. n. 449 del 1959 richiami soltanto l'art. 195 relativo all'accertamento dello stato di insolvenza compiuto anteriormente alla liquidazione coatta, poiché l'art. 202 è una norma integrativa dell'art. 195 e ne completa la logica, disponendo che possa e debba esser fatto dopo quel che non era stato fatto prima, onde realizzare una fattispecie che necessariamente implica, qualunque sia l'ordine in cui essi si realizzano, sia l'atto giurisdizionale di accertamento dell'insolvenza che l'atto amministrativo di messa in liquidazione.

Cass. civ. n. 10008/1993

In tema di liquidazione coatta amministrativa, gli enti pubblici economici, i quali sono esclusi dall'accertamento preventivo dello stato d'insolvenza, ex art. 195, ultimo comma, legge fallimentare, non possono essere assoggettati nemmeno all'accertamento successivo del detto stato, ai sensi dell'art. 202 l. fall., il cui primo comma, presupponendo che l'insolvenza non sia stata preventivamente dichiarata a norma dell'art. 195, consente l'accertamento successivo soltanto nei confronti di quegli enti per i quali è ammissibile, ma in concreto non è stato compiuto, l'accertamento preventivo.

Cass. civ. n. 11085/1992

Il commissario liquidatore di un'impresa posta in liquidazione coatta amministrativa, che chieda la dichiarazione dello stato di insolvenza dell'impresa (artt. 195, 202 della legge fallimentare), non ha bisogno del ministero di un difensore, potendo le istanze di fallimento essere proposte anche personalmente, né deve essere autorizzato dall'autorità governativa, atteso che, in mancanza di una contraria previsione normativa, vale la regola della libertà dell'organo di autodeterminarsi nell'ambito della propria competenza.

Cass. civ. n. 2178/1985

Con riguardo alle imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, ivi comprese quelle autorizzate all'esercizio dell'assicurazione della responsabilità civile a norma dell'art. 57 della L. 10 giugno 1978, n. 295, le attribuzioni del giudice ordinario, ai sensi degli artt. 195-202 della legge fallimentare, circa la dichiarazione dello stato d'insolvenza e la definizione delle opposizioni proposte contro la dichiarazione medesima, non restano limitate od escluse per il fatto che, contro il provvedimento di messa in liquidazione, in precedenza reso dall'autorità amministrativa, sia pendente l'impugnazione davanti al giudice amministrativo, in considerazione del carattere autonomo ed indipendente dei rispettivi procedimenti, pur se possano implicare l'accertamento e l'esame di elementi comuni o connessi.

Cass. civ. n. 2177/1985

Nel procedimento, dinanzi al giudice ordinario, per la dichiarazione giudiziale dello stato d'insolvenza di un'impresa messa in liquidazione coatta amministrativa, ancorché con provvedimento reso in data anteriore al procedimento stesso, la pendenza dinanzi al giudice amministrativo d'impugnazione avverso detto provvedimento non può essere dedotta, con istanza di regolamento preventivo, quale ragione di difetto temporaneo di giurisdizione di quel giudice ordinario, trattandosi di situazione che non incide sulle attribuzioni giurisdizionali del giudice medesimo, ma può spiegare rilievo solo al diverso fine di una sospensione del processo, a norma dell'art. 295 c.p.c.

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