Cass. civ. n. 5291/1997
A seguito della riforma del diritto di famiglia introdotta con legge n. 151 del 1975, la cosiddetta “presunzione muciana” di cui all'art. 70 L. fall., si rende inoperante sia con riguardo alle fattispecie governate dal regime di comunione legale fra i coniugi, sia con riguardo a quelle caratterizzate, invece, dal regime della separazione dei beni. Quanto alle prime, l'ostacolo alla operatività della presunzione suddetta, è frapposto non tanto dall'irrilevanza, ai fini della comunione, dei profili di chi, fra i due coniugi, compia l'acquisto, o della provenienza del denaro, quanto piuttosto dalla “rete di principi” che, a seguito della riforma, qualifica la disciplina dei rapporti patrimoniali fra i coniugi, facendone l'espressione di precisi valori costituzionali, quali quelli della parità e della pari dignità dei coniugi. Questi stessi principi, in quanto ispirano, quand'anche in forme del tutto diverse, anche l'istituto della separazione dei beni, laddove, nelle ipotesi da questo governate, si traducono nella tutela della effettività degli acquisti che ciascun coniuge compie, vista quale espressione della sua autonomia e della sua capacità di lavoro, rendono del pari inoperante, anche in questo caso, la cosiddetta “presunzione muciana”. Va aggiunto, del resto, come mal si comprenderebbe il rimedio della separazione giudiziale dei beni, previsto dall'art. 193 c.c. per il caso di disordine degli affari del coniuge in comunione, se il regime di separazione rappresentasse campo libero per l'operare della “presunzione muciana”.
Cass. civ. n. 2996/1994
Con riguardo al fallimento di una società di persone ed al fallimento dei soci illimitatamente responsabili (art. 147 L. fall.), la curatela del fallimento sociale non è passivamente legittimata rispetto alle controversie coinvolgenti la massa attiva personale del fallimento del socio (nella specie, trattavasi di domanda della moglie del socio che, in relazione all'avocazione alla massa fallimentare ex art. 70 L. fall. di alcuni immobili a lei intestati, ne chiedeva la restituzione sostenendo di averli acquistati con denaro proprio), costituendo il fallimento sociale e quello personale due procedure autonome, le cui masse passive non sono necessariamente coincidenti, atteso che nel fallimento personale concorrono creditori sociali e personali che determinano un'unica massa passiva. Né la connessione che collega le due procedure comporta situazioni di litisconsorzio necessario, poiché tale connessione altro non è che il riflesso, sul piano dell'esecuzione, della solidarietà passiva tra società di persone e soci illimitatamente responsabili.
Cass. civ. n. 2537/1990
Per vincere la presunzione muciana, invocata in relazione ad una molteplicità di acquisti immobiliari, ancorché compiuti per rilevanti valori nell'arco di anni, il coniuge del fallito deve, ai sensi dell'art. 70, comma primo, L. fall., dimostrare specificamente, sia pure con qualsiasi mezzo, che ciascun singolo acquisto venne compiuto con denaro suo, mentre non è idonea a vincere la detta presunzione una prova che abbia ad oggetto la mera disponibilità di somme di denaro e così indistintamente un insieme di operazioni immobiliari compiute o gruppi di esse.
Cass. civ. n. 6385/1983
Il terzo acquirente di un bene dal coniuge del fallito è in buona fede — e può così paralizzare la revocazione dell'acquisto promossa dal curatore del fallimento — se dimostra di essere stato, al momento dell'acquisto, nella ragionevole persuasione che il bene medesimo fosse stato acquistato, a suo tempo, con danaro del suo dante e non con danaro del di lui coniuge, poi fallito.