Per quanto concerne l’art. 56 della legge, si era posto il quesito, di notevole rilevanza pratica sino all’entrata in vigore della L. 31 marzo 1979, n. 93, se la norma relativa alla fissazione da parte del giudice della data di esecuzione del rilascio doveva applicarsi anche ai giudizi di cognizione in corso al momento dell’entrata in vigore della legge.
Da parte di alcuni si era data al quesito risposta negativa, sul rilievo che l’art. 82 stabilisce che ai giudizi in corso al momento dell’entrata in vigore della legge continuavano ad applicarsi ad ogni effetto le leggi precedenti; queste, come è noto, non prevedevano da parte del giudice del processo di cognizione la fissazione di una data per la esecuzione del provvedimento di rilascio.
Peraltro si era osservato che, poiché il legislatore aveva espunto dall’ordinamento l’istituto della graduazione e proroga degli sfratti, i provvedimenti emessi dal giudice in una delle procedure anzidette senza la fissazione della data del rilascio sarebbero stati eseguibili immediatamente dopo avere acquistato l’efficacia di titolo esecutivo, ai sensi degli artt. 605 ss. del codice di procedura civile, ponendosi, nel quadro generale della normativa, senza ragione alcuna, come una specie a sè stante, particolarmente privilegiata a favore del locatore. Tale conclusione ha prevalentemente indotto i giudici a ritenere applicabile l’art. 56 anche alle controversie in corso alla data di entrata in vigore della legge, seguendo, del resto, il principio generalissimo che le norme processuali debbono avere immediata attuazione.
La questione appare superata, come si dirà per l’art. 82, dalla approvazione dell’ultimo comma dell’art. 1 della L. 31 marzo 1979, n. 93. Ancora con riguardo all’art. 56, è stato osservato che se la norma, come è ritenuto dai più, è applicabile anche alle sentenze e ai provvedimenti in genere non immediatamente esecutivi, la data dell’esecuzione non potrà essere fissata con riferimento ad un determinato giorno, ma con la prefissione di un certo termine a decorrere dal giorno in cui la sentenza o il provvedimento acquisterà efficacia di titolo esecutivo.
/// RELAZIONE MINISTERIALE 26 LUGLIO 1980
Riguardo all’art. 56 della legge, è stato ritenuto che anche questa norma, come l’art. 55, ha una portata che va ben oltre le controversie regolate dalla nuova normativa.
La ragione è semplice: con tale disposizione il legislatore ha voluto trovare un ragionevole compromesso fra il meccanismo della «graduazione e proroga degli sfratti» di cui agli artt. 4 e 5 della L. 26 novembre 1969, n. 833, integrato dagli «scadenziari» fissati dalle successive leggi di proroga, ed il ritorno puro e semplice alle regole del codice di procedura civile (art. 608). Ha così ritenuto di affidare allo stesso giudice di cognizione il potere-dovere di fissare «col provvedimento che dispone il rilascio... anche la data dell’esecuzione entro il termine massimo di mesi sei ovvero, in casi eccezionali, di mesi dodici dalla data del provvedimento».
La tesi della portata generale della norma (che, si noti, segue l’art. 55, relativo alle controversie di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento) è confortata, secondo una diffusa opinione, dall’ampiezza della espressione iniziale («Col provvedimento che dispone il rilascio...»), la quale richiama in maniera trasparente quella di cui all’art. 4 della legge n. 833 del 26 novembre 1969 («Nel provvedimento che dispone il rilascio per morosità...»).
L’unico limite all’applicabilità della norma sarebbe costituito dall’oggetto evidenziato nel titolo della legge in esame («disciplina delle locazioni di immobili urbani»).
Ne consegue che ogni «provvedimento» giudiziale che condanni il conduttore a rilasciare l’immobile al locatore, da qualunque giudice emesso (e quindi non solo dal conciliatore o dal pretore), deve fissare anche la data di esecuzione.
La norma è applicabile anche alla sentenza che dichiara risolto per inadempimento (morosità od altro) il contratto di locazione, e che, senza essere munita della formula di provvisoria esecuzione, condanna il conduttore al rilascio dell’immobile; ciò vale anche per la sentenza che riconosce la legittimità del recesso anticipato, ad esempio, ex art. 59 della legge, quando il giudice, non considerando applicabile l’art. 431 c.p.c., non ritenga di concedere la provvisoria esecuzione in base all’art. 282 dello stesso codice.
In tali casi l’espressione «dalla data del provvedimento» andrebbe letta così: «dalla data di esecutività del provvedimento»; il giudice fisserà quindi non una precisa data di calendario, ma i mesi che dovranno passare dopo la data in cui la sentenza emessa sarà divenuta esecutiva.
Anche l’ordinanza di convalida della licenza o dello sfratto per finita locazione e dello sfratto per morosità, nonché l’eventuale ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. debbono contenere la data della esecuzione, fissata dal conciliatore o dal pretore nel rispetto del contraddittorio (evidentemente anche solo potenziale), «tenuto conto delle condizioni del conduttore e del locatore e delle ragioni per le quali viene disposto il rilascio».
Il capoverso dell’art. 56, dettato per il caso di mancato pagamento nel termine di grazia concesso ex art. 55 (fissazione della data dell’esecuzione non oltre sessanta giorni), potrà essere considerato un utile criterio per stabilire detta data in ogni provvedimento di rilascio determinato da morosità del conduttore.
È stato affermato che la data di esecuzione debba essere fissata anche se il procedimento per convalida riguardi contratti di locazione di immobili non regolati espressamente dalla legge in esame, come autorimesse private e depositi, dal momento che la lettera e la ratio della norma ne fanno intendere la generale applicabilità ai rapporti, secondo una uniforme regolamentazione, quanto meno per i più frequenti profili processuali, delle locazioni di immobili urbani.
Si è proposto nella pratica il problema della fissazione della data di esecuzione nel caso di ordinanze di convalida di licenza per finita locazione, quando la data di cessazione del rapporto cada ben oltre la data dell’ordinanza stessa.
In tale ipotesi, è stato ritenuto che il dies a quo del termine massimo di mesi sei (o dodici, in casi eccezionali) debba farsi decorrere proprio dalla data della scadenza contrattuale, che coincide con la effettiva esecutività del provvedimento di rilascio.
È, invece, controversa l’applicabilità dell’art. 56 alle pronunce emanate dopo il 31 luglio 1978 in esito a giudizi iniziati anteriormente.
Una prima opinione afferma la immediata applicabilità di tale disposizione sia per l’ormai avvenuta abrogazione degli istituti della graduazione e proroga degli sfratti, sia per una ritenuta applicabilità dell’art. 82 alle sole norme di carattere sostanziale, sia per evidenti ragioni di ordine pratico ed equitativo.
Né tale applicabilità sarebbe in contrasto con l’art. 82 della legge, in quanto la fissazione della data del rilascio costituisce il primo atto del «giudizio di esecuzione» che ha una completa autonomia rispetto a quello di cognizione e che, al momento dell’entrata in vigore della legge n. 392, non era affatto «in corso».
Un secondo indirizzo è di contrario avviso, pur riconoscendo l’indubbia praticità della prima soluzione. Si osserva, infatti, che l’art. 82 con l’espressione «ad ogni effetto» fa chiaro riferimento sia alle norme sostanziali che a quelle processuali; inoltre l’art. 56 è norma diretta al giudice del processo di cognizione e non può avere attuazione nel processo di esecuzione (anche se iniziato dopo il 30 luglio 1978); infine, l’art. 56 non è collocato nelle disposizioni transitorie, né comunque ivi richiamato.
Una riconferma di tale interpretazione viene rinvenuta nella L. 31 marzo 1979, n. 93, che ha previsto la dilazione degli sfratti anche per i provvedimenti successivi all’entrata in vigore della L. 27 luglio 1978, n. 392, emessi in giudizi iniziati prima, eliminando così l’ulteriore argomento a favore dell’avversa tesi, la quale aveva rilevato la mancanza di disposizioni (a parte l’art. 56) per dette ipotesi.
Divergenti sono però le conseguenze di tale impostazione: alcuni infatti opinano per l’applicazione del codice di rito (artt. 608 ss.); altri - ancorché trattasi di posizioni quasi isolate - opinano per una ultrattività del regime di graduazione e proroga.
Per il caso in cui il giudice abbia omesso, nel provvedimento di rilascio, di fissare la data della esecuzione, si ritiene generalmente ammissibile il ricorso al procedimento di correzione di cui all’art. 288 c.p.c. Sarà così lo stesso giudice di cognizione, che, richiesto dalla parte interessata, ordinerà la comparizione delle parti e, nel rispetto del contraddittorio, deciderà con decreto nel caso di accordo, con ordinanza nel caso contrario. Detto procedimento infatti - utilizzato in via analogica - offre alle parti ogni garanzia ed è rispettoso del criterio voluto dal legislatore di attribuire al giudice di cognizione la fissazione della data dell’esecuzione del provvedimento di rilascio.