La norma è stata stilisticamente redatta sulla falsariga dell’art.
52 d.lgs. n. 196 del 2003 (c.d. codice
privacy) e lascia impregiudicate le competenze di settore dell’Autorità garante della
privacy.
Un primo e chiaro vincolo di delega è che l’intervento deve essere operato all’interno delle disposizioni di attuazione del codice di rito. Il “costituire titolo” lascia intravedere una iniziativa su richiesta - ed in tal senso si è operato - che esclude l’attivazione officiosa o comunque automatismi incombenti sulle cancellerie.
I provvedimenti che costituiscono titolo per la deindicizzazione sono individuati dal criterio di delega nel “decreto di
archiviazione”, nella “
sentenza di non luogo a procedere” e nella “sentenza di assoluzione”.
Le tre locuzioni però non si coordinano perfettamente tra loro: non avrebbe senso, da un lato, includere i
decreti ed escludere le
ordinanze di archiviazione; dall’altro, includere le sentenze dibattimentali di assoluzione (art.
530) ed escludere quelle dibattimentali di
non doversi procedere (artt.
529 e
531), quando le archiviazioni e le sentenze di non luogo a procedere vengono menzionate abbracciando qualunque “formula”.
Nel comma 1 della norma che si propone di introdurre si sono apportate, pertanto, le opportune formule armonizzatrici.
Il rinvio all’art.
17 del Regolamento sulla protezione dei dati (“
Diritto alla cancellazione - diritto all’oblio”) vuole garantire il rispetto della disciplina comunitaria, imposto dalla delega.
Non si è ritenuto opportuno effettuare un rinvio maggiormente specifico, mediante espressa menzione dell’art. 17, comma 1, lett. e) e dell’art.
19 del Regolamento: ciò non perché si ritenga che dette norme non siano applicabili, ma all’opposto perché il rinvio all’art. 17 del Regolamento senza ulteriori specificazioni appare in grado di meglio evocare - in modo recettizio - l’istituto del diritto all’oblio nella sua interezza, anche a fronte di future modifiche della disciplina U.E.
Accogliendo il suggerimento n. 6 del Garante per la protezione dei dati personali, relativo al comma 1 della disposizione, si è inserita la richiesta clausola di salvaguardia dell’art. 52, comma 1, d.lgs. n. 196 del 2003.
Le tipologie di annotazioni rilasciabili dalla
cancelleria, sulla base dell’interesse e della specifica richiesta di parte, sono due, entrambe ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del Regolamento del
Parlamento europeo del 27 aprile 2016, n. 679: un preventivo ed originario divieto di indicizzazione del provvedimento (comma 2); una successiva attestazione della idoneità del titolo ad ottenere la deindicizzazione, da parte dei motori di ricerca generalisti, di contenuti relativi al procedimento penale, rispetto a ricerche condotte a partire dal nominativo dell’istante, ad indicizzazione già avvenuta (comma 3).
Quanto alla prima annotazione, il Garante, nel suo parere, suggeriva di valutare l’opportunità di espungere il richiamo all’art. 17 del Regolamento. Si è tuttavia ritenuto di mantenere tale richiamo, in quanto l’art. 17 del Regolamento fornisce comunque fondamento all’istituto della deindicizzazione, anche intesa in forma preventiva e con riferimento al c.d. ridimensionamento della visibilità mediatica, che rappresenta un aspetto “funzionale” del diritto all’identità personale cui pure è riconducibile il diritto all’oblio (Cass. 27 marzo 2020, n. 7559).
Si è invece condiviso e accolto, per il resto, il suggerimento del punto n. 6 del parere del Garante. Sul piano contenutistico, quindi, si è ridefinito l’obbligo, con riguardo all’adozione di misure idonee a impedire la possibilità di reperire il provvedimento giudiziario in rete mediante ricerche condotte a partire esclusivamente dal nominativo della persona che ne era stata destinataria.