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Articolo 25 Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro Domestico

Tutela delle lavoratrici madri

Dispositivo dell'art. 25 Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro Domestico

1. Si applicano le norme di legge sulla tutela delle lavoratrici madri, con le limitazioni ivi indicate, salvo quanto previsto ai commi successivi.
2. È vietato adibire al lavoro le donne:

a. durante i 2 mesi precedenti la data presunta del parto, salvo eventuali anticipi o posticipi previsti dalla normativa di legge;
b. per il periodo eventualmente intercorrente tra tale data e quella effettiva del parto;
c. durante i 3 mesi dopo il parto, salvo i posticipi autorizzati. Detti periodi devono essere computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla gratifica natalizia e alle ferie.
3. Dall’inizio della gravidanza, purché intervenuta nel corso del rapporto di lavoro, e fino alla cessazione del congedo di maternità, la lavoratrice non può essere licenziata, salvo che per giusta causa. Le dimissioni rassegnate dalla lavoratrice in tale periodo sono inefficaci ed improduttive di effetti se non comunicate in forma scritta o se non intervenute nelle sedi di cui all’art. 2113, 4° comma del codice civile. Le assenze non giustificate entro i cinque giorni, ove non si verifichino cause di forza maggiore, sono da considerare giusta causa di licenziamento della lavoratrice.
4. In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto il divieto di licenziamento, ai sensi del comma 3, la lavoratrice non è tenuta al preavviso.
5. Si applicano le norme di legge sulla tutela della paternità nonché sulle adozioni e sugli affidamenti preadottivi, con le limitazioni indicate.
Dichiarazione congiunta:
Le Parti Sociali firmatarie del presente CCNL, al fine di estendere le tutele delle lavoratrici madri, promuoveranno ogni utile iniziativa nei confronti di enti, organi e istituzioni, tenuto conto delle particolari condizioni esistenti nell’ambito delle famiglie datrici di lavoro domestico.

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Consulenze legali
relative all'articolo 25 Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro Domestico

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E.B. chiede
lunedģ 07/04/2025
“Buongiorno, mio padre 97enne autosufficiente, ha stipulato un regolare contratto Bs per badanti conviventi con una Sig.ra del XXX in data 04/12/2025. In data 22/02/2025 la badante ha comunicato a mio padre di essere incinta all'ottavo mese di gravidanza, con data presunta per il parto il giorno 27 marzo 2025, assentandosi, quindi, da quel giorno dalla sua attività lavorativa. In effetti il parto è avvenuto il giorno 22 marzo 2025. (il tutto attestato con certificati medici). Il quesito è: mio padre può licenziare la badante, dato che, tale situazione, sarebbe esclusa dalle previsioni di tutela ex art. 25 CCNL delle badanti la gravidanza/concepimento è avvenuta/o al di fuori (in periodo ben antecedente l'instaurazione del rapporto di lavoro)? Se si, occorre preavviso? e di quanto tempo? Grazie”
Consulenza legale i 14/04/2025
Ai sensi dell’art. 25, comma 3, del CCNL Lavoro Domestico, “dall’inizio della gravidanza, purché intervenuta nel corso del rapporto di lavoro, e fino alla cessazione del congedo di maternità, la lavoratrice non può essere licenziata, salvo che per giusta causa. Le dimissioni rassegnate dalla lavoratrice in tale periodo sono inefficaci ed improduttive di effetti se non comunicate in forma scritta o se non intervenute nelle sedi di cui all’art. 2113, 4° comma del codice civile. Le assenze non giustificate entro i cinque giorni, ove non si verifichino cause di forza maggiore, sono da considerare giusta causa di licenziamento della lavoratrice”.
Dalla lettera della norma si evince che la tutela contro il licenziamento scatta solo se la gravidanza è iniziata nel corso del rapporto di lavoro.

Nel caso in oggetto, la lavoratrice ha comunicato il proprio stato di gravidanza quando era già all’ottavo mese e il concepimento risulta avvenuto in epoca antecedente all’instaurazione del rapporto di lavoro.

Pertanto, la fattispecie ricade nell’ipotesi in cui la gravidanza non sia intervenuta nel corso del rapporto di lavoro, condizione questa che esclude l’applicazione della tutela prevista dal citato art. 25 CCNL.

Va inoltre evidenziato che, diversamente da quanto avviene per il lavoro subordinato "ordinario", per il lavoro domestico non sussiste un divieto di licenziamento per stato di gravidanza previsto dalla legge.

In particolare, l’art. 62, comma 1, del D.Lgs. 151/2001 (Testo Unico sulla maternità e paternità) disciplina specificamente il settore del lavoro domestico, limitando espressamente l’applicabilità delle tutele e richiamando esclusivamente alcuni articoli del decreto (articoli 6, comma 3; 16; 17; 22, commi 3 e 6; e 54).

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza n. 17433 del 2 settembre 2015, ha confermato che per il lavoro domestico non opera il divieto di licenziamento in gravidanza e che, anche qualora il licenziamento intervenga nel cosiddetto "periodo protetto", esso è da ritenersi valido e pienamente efficace, pur con alcuni obblighi economici a carico del datore.

Pur in assenza di un divieto di licenziamento, qualora il rapporto venga interrotto durante la gravidanza o durante il periodo di astensione obbligatoria, il datore di lavoro è comunque tenuto a corrispondere:
  • l’integrazione del 20% sulla retribuzione mensile durante il periodo di gravidanza (a complemento dell’indennità a carico INPS);
  • la maturazione dei ratei di ferie e tredicesima (anch’essa calcolata al 20% durante il periodo di congedo);
  • il Trattamento di Fine Rapporto (TFR), calcolato sull'intera durata del rapporto.

Va infine ricordato che l’art. 40, comma 2, del CCNL Lavoro Domestico stabilisce una tutela aggiuntiva: se il datore di lavoro dovesse procedere al licenziamento della collaboratrice entro 31 giorni dal rientro dalla maternità, sarà tenuto a riconoscere un preavviso raddoppiato rispetto a quello ordinario (che per rapporti di durata inferiore a 5 anni è pari a 15 giorni e quindi, in questo caso, diverrebbe 30 giorni).