L'addetto al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni, che, avendo notizia(1), in questa sua qualità, del contenuto di una corrispondenza [616] aperta, o di una comunicazione telegrafica, o di una conversazione telefonica(2), lo rivela senza giusta causa(3) ad altri che non sia il destinatario, ovvero a una persona diversa da quelle tra le quali la comunicazione o la conversazione è interceduta, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa(4).
Note
(1)
Presupposto della condotta è che il soggetto agente abbia avuto modo di giungere al contenuto della corrispondenza altrui attraverso una condotta che non consista nel prendere cognizione, nel sottrarre o distrarre o nel distruggere o sopprimere, ovvero in una delle condotte ex art. 616, diversamente infatti si applicherebbe il comma primo dell'art. 619.
(2)
Si tratta di una corrispondenza di natura epistolare, telegrafica o telefonica, informatica o telematica ovvero effettuata con ogni altra forma di comunicazione a distanza, la quale deve presentare i contenuti dell'attualità, ovvero della pertinenza al momento storico in cui avviene la comunicazione, e della personalità, intesa come la determinatezza dei destinatari.
(3)
La disposizione in esame non chiarisce la nozione di giusta causa, che di conseguenza è rimandata al generico concetto di giustizia, quindi si tratta di un richiamo all'analisi che il giudice deve condurre con riguardo alla liceità sia sotto il profilo etico sia sotto quello sociale dei motivi che hanno condotto il soggetto ad compiere l'atto.
(4)
Comma aggiunto dall'art. 6, D.Lgs. 10 aprile 2018, n. 36 con decorrenza dal 9 maggio 2018.