La norma in esame è posta a tutela dell'
integrità fisica e psichica della persona offesa, nonché della sua
libertà personale e della sua libertà di autodeterminazione.
Trattasi di una particolare ipotesi di
istigazione a delinquere (art.
115 co. 3), che punisce il
pubblico ufficiale o l'incaricato di
pubblico servizio che, nell'esercizio delle sue funzioni, istighi in maniera concretamente idonea un collega a commettere il
delitto di tortura (art.
613 bis), se l'istigazione non è accolta o, anche se accolta, il delitto non è commesso.
Se il delitto è invece commesso, l'istigatore concorre nel reato di tortura, in base agli ordinari parametri in tema di
concorso di persone nel reato (v. art.
110).
Il
legislatore ha dunque disciplinato una deroga alla tradizionale non punibilità della mera istigazione a commettere un delitto, ritenendo invece punibile l'istigatore di tortura, anche se solo nel caso in cui trattasi di pubblici ufficiali.
Al fine di rispettare il principio di offensività e di necessaria materialità del fatto di reato, la norma richiede tuttavia una
istigazione concretamente idonea a commettere il delitto di tortura, determinando dunque una ipotesi di
reato di pericolo concreto, in cui il giudice deve valutare la reale concretezza della condotta istigatoria.